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Stazione Transalpina
La Piazza della Transalpina prende il suo nome dal tratto di linea ferroviaria che collega Jesenice – Trieste, inaugurato dall'arciduca Francesco Ferdinando nel 1906. Nel luogo della parte centrale del Muro di Gorizia, che al tempo divideva la piazza, c'è un mosaico circolare realizzato dall'artista triestino Franco Vecchiet in cui il confine di stato è simboleggiato da una linea composta da mattonelle di pietra. L'intera piazza è stata infatti disegnata per formare un unico spazio pubblico, permettendo la libera circolazione pedonale. Fino al 2007, anno d'ingresso della Slovenia nell'area Schengen, la libera circolazione era possibile solo all'interno della piazza anche se la recinzione confinaria in quel tratto viene eliminata già nel 2004. La stazione è situata a Nova Gorica, in Slovenia, ad una trentina di metri dal confine con l'Italia. Il ponte di Solkan (Salcano) è il più importante ponte della Transalpina e uno dei più famosi in Slovenia.


Dopo il 1954 il filo spinato fu sostituito da una recinzione fatta da un muretto alto mezzo metro sovrastato da pilastri di calcestruzzo tra i quali era tesa una rete di filo di ferro.
I quartieri periferici e la stazione ferroviaria che si affaccia sulla piazza assegnati alla Jugoslavia al termine della Seconda guerra mondiale furono così divisi dal resto di Gorizia, che rimase all'Italia.
Sul suolo jugoslavo sorse la città di Nova Gorica ovvero la nuova Gorizia, costruita a ridosso del confine per mostrare i successi del modello socialista su cui rinasceva la Jugoslavia dopo il conflitto. Sulla facciata della stazione campeggiavano fino al 1991 la stella rossa e la scritta in serbo-croato “Mi gradimo socijalizam” (Noi costruiamo il socialismo).
Ma non fu sempre così: nel 1947 il nuovo confine tra Italia e Jugoslavia venne tracciato dividendo in due la piazza. Attraversata dal cosiddetto "Muro di Gorizia”, la Transalpina divenne uno dei simboli della separazione politico-ideologica tra l'Europa occidentale e quella orientale durante gli anni della guerra fredda: fino al 1954 lungo la linea di confine si snodava il filo spinato e la porta d'entrata della stazione ferroviaria non si apriva sulla piazza.

Quella porzione del monte Sabotino, lo ricordiamo, è stata teatro di diverse iniziative “lessicali”. Si cominciò durante il drammatico secondo dopo guerra: la scritta Nas Tito (Nostro Tito) campeggiava sulla montagna a voler intimidire i goriziani rimasti in Italia, mentre a pochi metri stava sorgendo Nova Gorica. Sul versante italiano del monte, sulla sinistra della casermetta, i militari del nostro Esercito avevano composto la scritta W L’Italia, rispolverata nel 2004 per rispondere alla “provocazione” slovena. Poi Nas Tito è diventato Tito, Slo, non prima di essere stato proposto in versione notturna, illuminato da cento fiaccole.
Sul versante che guarda verso l’Italia del Monte Sabotino (legato alla storia della Grande Guerra e alle battaglie dell’Isonzo e del Carso ), oggi in territorio sloveno, continua a campeggiare la scritta TITO lunga 100 metri con lettere di 25 metri.
La cripta del monastero ha le sepolture di sei esponenti della casa di Borbone di Francia che andarono in esilio a Gorizia dopo la Rivoluzione di luglio del 1830 quando vennero esiliati i Borbone dalla Francia. I reali della casa di Borbone sepolti sono:
- Carlo X di Francia (1757-1836), re di Francia
- Enrico di Borbone-Francia (1820-1883), delfino di Francia, noto anche come Enrico V o Conte di Chambord
- Luigi Antonio di Borbone-Francia (1775-1844), delfino di Francia
- Luisa Maria di Borbone-Francia (1819-1864), reggente del Ducato di Parma e Piacenza
- Maria Teresa d'Asburgo-Este (1817-1886)
- Maria Teresa di Francia (1778-1851), delfina di Francia
Vi è sepolto anche Pierre Louis Jean Casimir de Blacas (1771-1839), gentiluomo di corte di Carlo X.