Profilo BACHECA 11437
Giovanni Battista Trotti detto il Malosso (Cremona, 1555 – Parma, 11 giugno 1619) è stato un pittore italiano del tardo Rinascimento.Si formò alla scuola manierista di Bernardino Campi, del quale sposò la nipote. Nel 1584 dipinse la Decollazione di San Giovanni Battista davanti a Salomè presso Padenghe sul Garda. A partire dal 1587 partecipò alla decorazione della chiesa di San Pietro al Po di Cremona. Dipinse una Crocifissione nel Duomo e una Concezione nella chiesa di San Francesco. Nella Collegiata di San Bartolomeo Apostolo a Busseto dipinse la Madonna con Bambino in gloria tra San Pietro e San Giacinto. Assieme ad Agostino Carracci eseguì alcuni dipinti nel tribunale di Parma, e sembra sia stato il Carracci a dargli il soprannome di "Malosso" (il cattivo osso).
Dal 1604 entrò definitivamente al servizio della corte farnesiana di Parma. Eseguì gli affreschi di tre pareti della Sala delle leggende nel palazzo del Giardino e collaborò alla decorazione del teatro Farnese. Suo è anche il Paradiso in Santa Maria della Steccata a Parma. Ha anche lasciato diverse opere in alcune chiese della provincia parmense. Per i suoi lavori a Parma il duca Ranuccio Farnese lo nominò cavaliere.
Lavorò anche a Casalmaggiore, Salò (nella cappella del Santissimo Sacramento in duomo), Mantova, Romanengo (nella chiesa dei Santi Giovanni Battista e Biagio) e Piacenza. A Piacenza eseguì dipinti nelle chiese di San Francesco dove decorò la cappella dell'immacolata e Sant'Agostino con una annunciazione. Una sua Deposizione dalla Croce è conservata nella Pinacoteca di Brera. Uno dei suoi ultimi lavori fu una Pietà in San Giovanni Novo a Cremona. Tra i suoi allievi vi fu Cristoforo Augusta.
Alcuni suoi bozzetti sono conservati nel Département des Arts graphiques del Museo del Louvre. Ebbe tra i suoi allievi Giulio Calvi.
Stazione Transalpina
La Piazza della Transalpina prende il suo nome dal tratto di linea ferroviaria che collega Jesenice – Trieste, inaugurato dall'arciduca Francesco Ferdinando nel 1906. Nel luogo della parte centrale del Muro di Gorizia, che al tempo divideva la piazza, c'è un mosaico circolare realizzato dall'artista triestino Franco Vecchiet in cui il confine di stato è simboleggiato da una linea composta da mattonelle di pietra. L'intera piazza è stata infatti disegnata per formare un unico spazio pubblico, permettendo la libera circolazione pedonale. Fino al 2007, anno d'ingresso della Slovenia nell'area Schengen, la libera circolazione era possibile solo all'interno della piazza anche se la recinzione confinaria in quel tratto viene eliminata già nel 2004. La stazione è situata a Nova Gorica, in Slovenia, ad una trentina di metri dal confine con l'Italia. Il ponte di Solkan (Salcano) è il più importante ponte della Transalpina e uno dei più famosi in Slovenia.


Dopo il 1954 il filo spinato fu sostituito da una recinzione fatta da un muretto alto mezzo metro sovrastato da pilastri di calcestruzzo tra i quali era tesa una rete di filo di ferro.
I quartieri periferici e la stazione ferroviaria che si affaccia sulla piazza assegnati alla Jugoslavia al termine della Seconda guerra mondiale furono così divisi dal resto di Gorizia, che rimase all'Italia.
Sul suolo jugoslavo sorse la città di Nova Gorica ovvero la nuova Gorizia, costruita a ridosso del confine per mostrare i successi del modello socialista su cui rinasceva la Jugoslavia dopo il conflitto. Sulla facciata della stazione campeggiavano fino al 1991 la stella rossa e la scritta in serbo-croato “Mi gradimo socijalizam” (Noi costruiamo il socialismo).
Ma non fu sempre così: nel 1947 il nuovo confine tra Italia e Jugoslavia venne tracciato dividendo in due la piazza. Attraversata dal cosiddetto "Muro di Gorizia”, la Transalpina divenne uno dei simboli della separazione politico-ideologica tra l'Europa occidentale e quella orientale durante gli anni della guerra fredda: fino al 1954 lungo la linea di confine si snodava il filo spinato e la porta d'entrata della stazione ferroviaria non si apriva sulla piazza.

Quella porzione del monte Sabotino, lo ricordiamo, è stata teatro di diverse iniziative “lessicali”. Si cominciò durante il drammatico secondo dopo guerra: la scritta Nas Tito (Nostro Tito) campeggiava sulla montagna a voler intimidire i goriziani rimasti in Italia, mentre a pochi metri stava sorgendo Nova Gorica. Sul versante italiano del monte, sulla sinistra della casermetta, i militari del nostro Esercito avevano composto la scritta W L’Italia, rispolverata nel 2004 per rispondere alla “provocazione” slovena. Poi Nas Tito è diventato Tito, Slo, non prima di essere stato proposto in versione notturna, illuminato da cento fiaccole.
Sul versante che guarda verso l’Italia del Monte Sabotino (legato alla storia della Grande Guerra e alle battaglie dell’Isonzo e del Carso ), oggi in territorio sloveno, continua a campeggiare la scritta TITO lunga 100 metri con lettere di 25 metri.