E vorrei immergermi nel bianco, sentirmelo intorno e dentro. Nascondermi ed affondare. Lieve apnea, come quella che precede il delirio. E la corsa verso i sogni. Lo ho sempre odiato il bianco, ma adesso ne ho bisogno. Sapessi quanto bianco ho dovuto spazzare via. Il bianco è la polvere sui ricordi, il velo che ti confonde, ed è la tenda che ti separa dal mondo. Ed è bianco l'attimo dopo. E vorrei addosso tutto quel bianco, e poi nel respiro, attraverso il fiato, fino alle vene. Un attimo e mai più. Vorrei un bianco assordante, sfacciato ed insolente. Per ricordarmi che il tempo è andato, e per sentire tutta la prepotenza di quello a venire. Bianca è a volte la delusione, e poi trema di bianco, ancora e nuova, la speranza. Come una onda che arriva e ti urta e ti sporca. Non ho più paura di tutto questo bianco. Perché capita anche che segni la sagoma dei sogni. Dei passi. Del silenzio. Di tutta la distanza di cui abbiamo bisogno.
La solitudine è un cerchio candido ed insolente, a volte.
E questo sangue mi riga la carne, veloce e furente.
E smangia e segna e marchia.
Una goccia di sangue, dopo tutto quel bianco.
Sono viva.
Un punto contro l'indefinito.
Adesso tra le mie labbra potresti udire le oscenità più innocenti.
Bianco è il colore della indecenza.
E quella goccia di rosso infilza la appartenenza.
Più profonda ed intima di un segreto.
Così ho bisbigliato la mia verità.
E ora la urlo.
Ad occhi chiusi sul futuro.