E poi davanti al mare ti ho detto ancora addio, dopo avertelo detto già mille, e più, e più, volte. Solo il cuore rende così tanto ridicoli; quando i nostri pensieri, i nostri sogni, i nostri sussulti e persino i nostri passi, sono a forma di cuore, siamo inermi ed assolutamente e teneramente ridicoli. Come le lacrime sotto le stelle, nel vento freddo e sincero che viene dal mare. “Questa è la pioggia del cielo” – ti ripeti e piovi. Allora si è di fronte alla verità e la verità rende sempre forti. Come un urlo contro il muro, come un pugno nel vuoto, come morso all’aria. I tacchi incerti sull’asfalto ed il rumore della strada. Estranea, in una città a volte così amica ed altre così nemica. Io ed il mio fiato, sogni sparsi senza direzione, ed una freccia per il futuro; con un biglietto nuovo. Occhi nuovi ed attenti, occhi indifferenti e distratti. La voglia di respirare ancora, ed il timore di sciupare il fiato che resta. Lo trattengo nelle tasche e nelle pieghe di un sorriso, mai aperto e vero fino in fondo. La paura rende così orribili. Un tempo forse ero migliore, adesso sono diversa, crudele, dura. Sono cattiva, come quelli che vedevo e credevo cattivi, senza capire. Chi ti giudica non sa e non può sapere. E a volte la gentilezza è la carezza migliore che la vita può offrirti, quella di chi ti cerca senza una pretesa, senza punti di domanda, senza chiedere nulla se non te stessa, anche se di te restano briciole, molliche di donna e quei segni bastardi. I passi, a forma di cicatrice, non sono più sinceri e fermi, perché la strada è dura. E tu sei priva di equilibrio, inciampi e risali e poi cadi ancora. E vedi solo i tuoi lividi, ignara delle mani che ti hanno sollevata. Vorresti solo che le tua ginocchia smettessero di sanguinare ed i tuoi polsi fossero ancora capaci di accarezzare il vento. Forse non ti dirò mai addio per davvero, incastrato ad un frammento ignaro di gioia, ed anche se lo urlerò ancora, resterai là dentro, qua dentro, sulle mie vene. Addio ed è un addio ridicolo di una donna ferocemente ridicola, come di chi conserva e distrugge e poi conserva ancora.
I miei occhi sono verdi, come le foglie in autunno ed io sono la terra che non sa più aspettare la primavera.
Ma nessuno può saperlo