Abbado non dirige: accarezza il silenzio finché la musica, timida, decide di nascere.
Abbado non dirige: accarezza il silenzio finché la musica, timida, decide di nascere.
Nel cuore del deserto, l’artista ha costruito una prigione di vetro. Non per proteggere la roccia, ma per esibirne la cattura. La natura non è più selvaggia: è un oggetto da contemplare, un trofeo dell’ordine.
Questa opera non celebra la bellezza. La denuncia. È il gesto di chi dice: Guardate cosa facciamo quando vogliamo capire. Inquadriamo, Isoliamo, Etichettiamo. E poi chiamiamo tutto questo cultura.
Il cubo è il museo. La roccia è il pensiero non conforme. Il deserto è il pubblico: vasto, indifferente, assente.
Il libero arbitrio è una tela vergine, offerta al cuore di ciascuno.
Con ogni scelta, ogni emozione, ogni sogno, dipingiamo il nostro destino.
E quando l'ultimo colore si posa, resta il quadro: unico, irripetibile, firmato con la nostra anima.
Ilgenio
Nel silenzio della tua mente, il mondo si spoglia di senso—resta solo il desiderio, che vibra come luce sulla curva di un pensiero.
La Cena dei Giusti
Si dice che l'uomo sia ciò che mangia.
Eppure, a tavola siedono solo bocche affamate e mani pulite.
Il piatto forte? L'identità altrui, servita con contorno di consenso.
I commensali brindano alla coesione, mentre masticano differenze.
Il cucchiaio è comunitario, ma la digestione è solitaria.
Chi non porta carne, porta carnefice.
Chi non mastica viene maticato.
E nel silenzio del convivio, il più educato è colui che sa divorare senza lasciare traccia.
Buon appetito.
Se proprio 'figuraccia' debba chiamarsi, allora chiamiamola pure gaffe.
😆😆😆
LA MISERIA DEI DISONESTI
(L'Arte e il pensiero non si censurano)
11.459 visualizzazioni 20 lug 2020
Il Maestro Beatrice Venezi conduce l’Orchestra del Teatro La Fenice, dirigendo l’Adagio di Samuel Barber. Un progetto, quello nato in collaborazione con il Teatro veneziano, con l'obiettivo di rendere l'arte accessibile a un pubblico sempre più ampio e che vedrà protagonista la più giovane direttrice d'orchestra in Italia: Beatrice Venezi.
BUONA VITA A TUTTI
L’arte è spesso celebrata come ciò che sopravvive alla morte dell’autore, alla rovina delle civiltà, al logorio del tempo. Pensiamo al marmo greco, ai codici miniati, ai film restaurati. Ma questa “immortalità” è una costruzione culturale: ciò che sopravvive lo fa perché è stato scelto, conservato, reinterpretato. L’opera non è eterna in sé, è eternata da chi la guarda.
“Immortale è ciò che viene ricordato, non ciò che è stato.”
Installazione visiva e verbale per identità in dissolvenza
La figura è lì, ma non del tutto. Il volto si ritrae, la mente si dissolve. Non c’è assenza: c’è spazio. Spazio per chi guarda, per chi interpreta, per chi si perde.
Una linea rossa, come un filo di pensiero, traccia il contorno di ciò che resta. Non delimita, non protegge evoca. È il gesto di chi disegna senza toccare, di chi ama senza possedere.
La camicia aperta non è stile, è soglia. Tra il dentro e il fuori, tra il detto e il taciuto. Il corpo non si offre, si propone. Come una domanda che non cerca risposta.
E poi lei. “She said so.” Tre parole che non spiegano, ma sospendono. Chi è lei? Cosa ha detto? O forse è proprio il dire che conta, il fatto che qualcuno abbia parlato, che abbia lasciato una traccia.
Lo sfondo non è vuoto. È attesa. È il silenzio che permette al gesto di esistere.
L' ignoranza è superabile con la volontà di conoscere, la volgarità invece è una rinuncia consapevole alla dignità.