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ultimo accesso: 26 luglio

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La non verità

 
 
 

Tutte le situazioni ansiose e ansiogene della nostra vita sono causate dalla non verità.

Nel momento in cui non ci si ascolta, non si segue il proprio cuore, non si tasta il proprio stomaco, sei protagonista di un’esistenza che non ti appartiene, sei protagonista di un’avventura artefatta che pecca di genuinità.

Tutte le situazioni ansiose e ansiogene della nostra vita, se soffocate da azioni che bloccano pensieri, passatempi sterili, vacanze futili, divertimenti vacui, palliativi temporanei, tornano a fare capolino più tardi, quando meno ce lo aspettiamo, provocandoci stati d’animo “down”, campanelli d’allarme di una felicità sempre costruita e mai spontanea.

Se vi manca il respiro, che siate allettati o accelerati, vuol dire che state facendo qualcosa che non vi va di fare, qualcosa che vi sta snaturando. Se vi manca il respiro significa che non state percorrendo la strada più giusta, ma state perseguendo nella finzione.

La non verità, prima o poi, vi porgerà il conto e quando realizzerete di aver svenduto la vostra personalità a cliché relazionali socialmente duplicati con lo stampino, allora sarà giunto il tempo di liberarsi dagli stereotipi, di accettare anche l’ipotesi di non presentarsi all’altare di un matrimonio effimero, preparativi e dinamiche familiari da cui non sai più uscirne, di allontanarsi da gente con influenza negativa, di lasciare un lavoro alienante e non appagante.

Tutte le situazioni ansiose e ansiogene della nostra vita sono causate dalla non verità. Una scelta che implica coraggio ma che può farci rinascere ogni giorno, salvandoci da un destino già segnato.

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Un test per conoscere se si è stati colpiti dall’Epatite C

 
 
 

L’iniziativa in ambito regionale è dell’Unità di Epatologia dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza.

Un semplice test, del tutto gratuito, che le persone con età superiore ai 50 anni potranno effettuare in farmacia per scoprire se sono state o meno esposte all’HCV, ovvero l’Epatite C, infezione che nei programmi dell’Organizzazione mondiale della Sanità dovrà scomparire entro il 2030.

Ebbene, questo progetto salvavita, che parte da lontano, si sviluppa molto da vicino, grazie all’Unità di Epatologia dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo e alle farmacie pugliesi che hanno aderito a questa iniziativa.

Ma per raggiungere questa auspicata eliminazione è necessario arrivare ad un aumento delle diagnosi. Nasce quindi “DOI-HCV Apulian Pharma”, un’iniziativa di screening sul territorio regionale in partnership con le farmacie di prossimità, coordinata dalla dottoressa Alessandra Mangia, responsabile dell’Unità di Epatologia dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza. Sono state 24 le farmacie pugliesi hanno aderito alla campagna “DOI-HCV”. L’attività volontaria è alla base di questo ambizioso progetto volto allo screening delle infezioni da HCV non ancora diagnosticate.

Per individuare la presenza degli anticorpi contro l’HCV in maniera semplice si è deciso di usare il “Point of care testing”, una strategia che può essere adottata su numeri considerevoli di soggetti. Applicabile in zone rurali e per pazienti difficili da raggiungere, questa modalità di screening è basata su test che possono essere effettuati al di fuori dei laboratori ospedalieri, “DOI-HCV Apulian Pharma” ha l’obiettivo di incrementare lo screening e la diagnosi dell’infezione da HCV.

La sfida di questo progetto è riuscire a coinvolgere il maggior numero di persone per fare emergere le infezioni nascoste e  cercare di collegare al trattamento il maggior numero di soggetti appartenenti alla popolazione generale, cioè coloro che, portatori di un’infezione inapparente, la scoprono solo per essersi sottoposti al test all’interno dell’iniziativa “DOI-HCV Apulian Pharma”.

In pratica, presso le farmacie che aderiscono all’iniziativa, sarà possibile per le persone che lo vorranno con età superiore ai 50 anni, sottoporsi al test e così capire se sono state, senza saperlo, esposte all’HCV. L’epatite C è una malattia silente: spesso non dà sintomi e purtroppo in molti casi i pazienti non si accorgono di averla contratta finché non porta a conseguenze gravi come la cirrosi epatica e il tumore del fegato. Nel caso il risultato del test di screening per l’anticorpo sia positivo, si consiglierà il percorso migliore per identificare chi, affetto da infezione attiva senza esserne consapevole, potrà immediatamente essere sottoposto a terapia attraverso una procedura fast-track facilitata dai farmacisti.

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Finali nazionali Under 17

 
 
 

Ecco le avversarie della Fidelis Andria Handball

Sorteggiati i gironi delle finali nazionali UNDER 17 in programma la prossima settimana in Veneto.

Fidelis sorteggiata con i veneti del Malo, San Vito Marano e gli emiliani del Bologna.

Lesordio è previsto giovedì 16 giugno alle ore 16:20 al Palasport di Quinto Vicentino e nella gara inaugurale la Fidelis affronterà il Malo, nella seconda gara venerdì 17 giugno (mattina) sarà la volta del Bologna, e sempre venerdì (pomeriggio) si giocherá la terza gara contro il San Vito Marano.

Sabato 18 e domenica 19 giugno si svolgeranno tutte le fasi finali in base ai piazzamenti ottenuti nei quattro gironi.

Ecco le dichiarazioni di mister Colasuonno: Siamo inseriti in un girone difficile contro squadre abituate a giocare le finali nazionali, mentre per noi sarà la prima volta con questo gruppo. Ci siamo allenati duramente per farci trovare pronti e i ragazzi hanno tanto entusiasmo nellaffrontare questa manifestazione. Allesordio giocheremo contro Malo e sicuramente avranno la fortuna di giocare le finali a 30 km da casa loro. Avranno il fattore pubblico dalla loro parte e questo dovrà portarci a giocare una grande partita, essere uniti nei momenti di difficoltà e dimostrare che non siamo inferiori a nessuno”.

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Grazie, prof!

 
 
 
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Un’ora di lezione può salvare la vita

È così è giunto un altro termine, un altro 8 giugno. Devi averlo agognato parecchio, soprattutto negli ultimi tempi, quando la stanchezza ha preso il sopravvento, quando gli adempimenti burocratici sembravano crescere in maniera esponenziale, quando (ancora) arrivavano richieste di didattica a distanza. Usque ad finem!

Poi è suonata l’ultima campanella e tu, consapevole che non sei ancora in vacanza (a differenza di quello che i luoghi comuni recitano sulle vacanze degli insegnanti!), hai preso a confrontarti con i colleghi per i famigerati scrutini. Quante idee diverse, quante visioni differenti, quanta fatica per i voti di condotta, soprattutto lì dove il 10 non lo daresti nemmeno a te, perché forse potevi fare di più per quello studente, perché forse potevi scavalcare i muri dei colleghi e andare direttamente al cuore del problema di quella studentessa, rimasto incastrato nelle maglie delle medie aritmetiche, talmente logiche da risultare spesso ingiuste. Non preoccuparti: l’equilibrio tra la relazione con i colleghi e la relazione con gli studenti è figlio di una serie infinita di squilibri e cadute. Sei studente anche tu, non lo sapevi? Non sai che stai ancora imparando? Forse, allora, un buon proposito per il prossimo anno scolastico è alzarti dalla cattedra e far lezione da un banco in mezzo ai banchi. Per ricordarti e ricordare che il primo discente sei tu. E non per uno smielato e controproducente annullamento dei ruoli, ma perché la relazione empatica abbia sempre la meglio sulla nozione e ti guarisca dalla comoda convinzione che sei pagato unicamente per spiegare-verificare-valutare-far recuperare.

C’è stato scontro con i colleghi per qualcosa? Ben venga! Meglio essere chiari. Meglio metter fuori tutto. Gli idilli non sono roba da scuola. La scuola è una fucina incandescente. E lì dove qualcuno, collega o studente, sta coprendo impressionanti immaturità umane con risultati eccellenti, occorre prendere posizione. La banalità del male è sempre in agguato. A un certo punto, però, ricordati di mettere punto. Perché non puoi perdere la salute. Perché di fronte all’impermeabilità di certe coscienze, devi anche tu imparare a farti scivolare addosso le cose. Mettiti in vacanza dalla sindrome messianica: non devi salvare nessuno, devi lasciare segni, in te e negli altri, perché sei un in-segnante.

Sì, lo so: qualcuno l’hai già salvato. Te lo ha scritto uno studente su un pezzo di carta. E sì, anche i millennials scrivono ed è colpa dei luoghi comuni se ce ne accorgiamo poco. Che strano: siamo vittime di numerosi luoghi comuni sul nostro mestiere, poi non riusciamo a fare a meno dei luoghi comuni sulle nuove generazioni. Interrompere la spirale del male è un’arte e fa parte del paziente tirocinio del tuo lavoro: non ripagare gli altri con la moneta con cui ripagano te, cioè non riversare sugli studenti il sangue delle tue ferite. Imparare a disinnescare le trappole dell’adultità non riconciliata con i propri complessi: secondo proposito per il prossimo anno scolastico.

Ma torniamo alla lettera che hai ricevuto: “grazie prof”, “grazie maestra”, “mi sono sentito accolto”, “mi sono sentita ascoltata”, “ho scoperto cose di me che non sapevo”, “mi ha aperto gli occhi”, “volevo farla finita ma quella sua frase mi ha salvato”. Già, qualcuno lo salviamo: è il miracolo che avviene quando non vogliamo salvare nessuno, quando entriamo in classe con gratuità, per il piacere di entrare e di diffondere una cultura emozionata, sym-patica. E non fa niente se la tua materia appartiene alle Cenerentole del sistema scolastico: ai bambini, ai ragazzi importa la passione che ci metti. La classificazione tra materie e docenti di serie A e materie e docenti di serie B è roba di adulti trasferita, più o meno consapevolmente, ai gruppi classe. I bambini, i ragazzi hanno bisogno di te: guardali e dai il massimo. Il sistema scolastico scoraggerebbe anche Socrate! Occorre relativizzarlo e pensare solo ai cuori pulsanti che ci si ritrova di fronte.

Un’ora di lezione può salvare la vita. Per cui raccogli tutti i bigliettini e i fiorellini degli ultimi giorni e conservali con cura. Prendi appunti sul cuore anche di sguardi, parole e abbracci delle ultime ore, non scritti, eppure indelebili. Sono i frutti della tua semina. Sono la voce inesistente sul cedolino dello stipendio che ti arricchisce in altro modo. Sgualciti, piegati alla meglio, imperfetti, gracili, sono il tuo specchio e il tuo premio.

Cara insegnante, caro insegnante: riposa pure adesso. E ricordati che vacanza, derivando da “vacatio”, ti costringe a fare i conti col vuoto. Affrontalo. Fa parte del tirocinio per una scuola che non tappa tutti i buchi, che non risponde a tutte le domande, che non si limita a riempire le teste, ma apre all’ignoto e abitua all’incerto. Altrimenti non vi è speranza. E non dirmi che vorresti essere connivente con una simile lacuna di carne e futuro.

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Breve appunto di geopolitica

 
 
 

Dopo l’ennesima mezza gaffe di Biden…

Nei giorni scorsi il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dichiarato che gli Stati Uniti interverranno militarmente nel caso la Repubblica Popolare Cinese invada Taiwan, salvo poi quasi smentirsi ribadendo che la politica statunitense nel riconoscere l’esistenza di una sola Cina non cambia.

Ora quest’ennesima mezza gaffe di Biden non è neanche necessariamente una cosa negativa, visto che fungerebbe da deterrente nel caso il governo cinese guidato da Xi Jinping avesse davvero intenzione di invadere l’isola, ma crea ulteriore confusione da un punto di vista meramente politico e geopolitico.

Alcune delle persone, con cui ho parlato, pensano che Taiwan sia a tutti gli effetti uno stato indipendente, che la Cina si ostina a non riconoscere, ma le cose non stanno proprio così.

Per quanto de facto il governo di Taipei amministri del tutto autonomamente l’isola, con un sistema molto più vicino a quelli democratici occidentali rispetto a quello di Pechino, questa è ancora da considerare parte della Cina, e non perché lo dico io o lo dice il governo della Cina continentale, ma perché ciò è riconosciuto da quasi tutto il mondo, compresi Stati Uniti e Unione Europea, in base alla “One China Policy”, e cioè la politica del riconoscimento dell’esistenza di una sola Cina.

Sottolineo “quasi” tutto il mondo perché ci sono ancora quattordici stati (tra cui il Vaticano) che riconoscono la Repubblica di Cina (nome ufficiale del governo di Taipei), ma oltre a essere Stati minuscoli e molto poco decisivi nello scacchiere politico internazionale (il più grande di questi è il Guatemala), sono Paesi, e ciò va sottolineato, che considerano quello di Taipei come il governo legittimo dell’intera Cina (secondo la stessa costituzione della Repubblica di Cina, la capitale ufficiale dello Stato è Nanchino, ed essendo questa occupata, allora Taipei ne fa le funzioni provvisorie), non riconoscono Taiwan come uno stato indipendente dalla Cina continentale, e di conseguenza considerano il governo di Pechino illegittimo e non lo riconoscono ufficialmente, sempre in base alla One China Policy; ma soprattutto è Taiwan stessa a non considerarsi ufficialmente uno stato indipendente, in accordo alla già citata costituzione della Repubblica di Cina, costituzione che ribadisce l’obiettivo di far cadere il governo comunista e riconquistare l’intera Cina, che fu persa dal Partito Nazionalista Cinese (国民党 Guomindang, che allora governava appunto la Repubblica di Cina, che era il nome dell’intero Stato) durante la guerra civile con i comunisti dal 1945 al 1949, nonostante il sostegno economico e militare degli Stati Uniti, sostegno che è rimasto più o meno inalterato fino a oggi (senza di esso molto probabilmente l’isola sarebbe già stata riannessa al continente da tempo), nonostante sia venuto a mancare il riconoscimento diplomatico.

Detto questo, io sono il primo ad augurarmi che rimanga inalterato lo status quo, un’operazione militare di Pechino contro Taipei sarebbe catastrofica, ma se a Pechino decidessero di riprendere il controllo dell’isola con la forza, quale dovrebbe essere la posizione della comunità internazionale al riguardo?

Se, come mi sembra altamente probabile, l’Unione Europea e la NATO seguissero gli Stati Uniti nella guerra contro la Cina, allora l’intervento contro la Repubblica Popolare Cinese sarebbe giustificato e appoggiato, ma ciò entrerebbe evidentemente in contraddizione con il principio di salvaguardia dell’integrità territoriale che è alla base della ferma opposizione all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, le cui dichiarazioni che affermano che non si tratta di una guerra o un’invasione, ma di un’operazione militare speciale in difesa delle popolazioni russofone e indipendentiste del Donbass, sono respinte categoricamente da parte dell’Occidente.

Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Wang Weibin ha infatti colto la palla al balzo, dichiarando che, se Taiwan è riconosciuta a livello internazionale come parte integrante della Cina, allora bisogna chiedersi perché mai gli Stati Uniti parlino di invasione.

Questa contraddizione rende evidente come le cause che ci stanno a cuore dipendano molto non solo dall’empatia per le vittime, ma soprattutto dall’antipatia per gli oppressori, in un rapporto che si può definire inversamente proporzionale; tanto più odiamo l’aggressore, tanto più solidarizziamo con gli aggrediti, mentre accettiamo e anche giustifichiamo gli abusi di chi opprime quando questo ci piace o è nostro amico, e poniamo tanti se e tanti ma quando parliamo della causa delle vittime, come succede in Palestina, o per quanto riguarda gli indipendentisti delle autoproclamate Repubbliche di Donetsk e Luhansk, e tanti altri casi.

Ora noi possiamo anche credere di essere sempre nel giusto, e magari lo siamo davvero, possiamo affermare orgogliosamente di essere i difensori della democrazia e dei diritti umani in tutto il mondo, ma se pensiamo che tutto il resto del pianeta debba accettare i nostri criteri di libertà e democrazia, e stigmatizzare chi non si adegua, allora da un lato forse non siamo così democratici e la nostra mentalità è rimasta ancora quella che nel diciannovesimo secolo ci spinse a colonizzare mezzo mondo (il famoso “fardello dell’uomo bianco”), dall’altro, pur continuando ad ammettere che la nostra è una causa giusta, dobbiamo accettare l’idea di vivere con il pericolo costante dello scoppio di una guerra mondiale, perché ci sarà sempre qualcuno che vedrà il mondo diversamente da noi Occidentali, ci saranno sempre Paesi che seguiranno altre vie rispetto a quella democratica Occidentale, e spero che nessuno si illuda che un’eventuale vittoria contro la Russia e la Cina, cioè le due potenze non democratiche e avversarie degli Stati Uniti, porterebbe la democrazia, e di conseguenza la pace, in tutto il mondo.

La storia ci insegna bene che non esistono “guerre che mettono fine a tutte le guerre”, e che l’umiliazione dell’avversario, per quanto secondo noi meritevole di ciò, ha sempre conseguenze nefaste, anche nel breve periodo.

Meglio convivere e cercare di trattare con chi non ci piace, o dichiarare una guerra perenne al “male”?

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Il pruno secco tornerà a fiorire (Paradiso XIII)

 
 
 

«Non sien le genti, ancor, troppo sicure 
a giudicar, sì come quei che stima 
le biade in campo pria che sien mature»

(Paradiso XIII, vv.130-132)

Il canto tredicesimo del Paradiso contiene una lunga parentesi didascalica. In apertura, una ricca similitudine paragona due corone concentriche di beati, che cantano e danzano ruotando in senso opposto, a due cerchi di dodici stelle l’una, costituiti dalle quindici stelle più luminose in cielo più le sette dell’Orsa Maggiore e le due dell’Orsa Minore.

Quindi, riprende la parola san Tommaso, che già nel canto undicesimo aveva chiarito un primo dubbio di Dante, legato al verso u’ ben s’impingua se non si vaneggia (Paradiso X, v.96). Nel medesimo contesto, riferendosi al re Salomone, ancora Tommaso aveva dichiarato che Dio ha posto in lui una sapienza tale che a veder tanto non surse il secondo  (Paradiso X, v.114) e Dante tacitamente si interroga su come possa Salomone aver più sapienza d’Adamo, creato dalla stessa mano di Dio, e soprattutto di Gesù Cristo, il Verbo incarnato.

Tommaso, che indovina il suo esitare, si profonde in una lunga lezione di teologia dommatica e alla fine conclude: Dante non ha torto e lui, il Dottore Angelico, non ha detto il falso; solo, la sua affermazione riguarda la sapienza da Salomone invocata per adempiere al proprio ministero di re, non già per discettare di filosofia o teologia. Salomone sarà stato pure un uomo fallibile ed esposto ad errore, celebre peraltro per il suo peccato di lussuria senile – e di ciò si fa velatamente cenno in Paradiso X, vv.109-111 – ma la sua richiesta di ottenere la sapienza nell’esercizio del suo ufficio regale è stata esaudita: Ecco, ti concedo un cuore saggio e intelligente: come te non ci fu alcuno prima di te né sorgerà dopo di te (1Re 3,12).

Fin qui il succo narrativo di questo canto. Seguono i versi che mi sono stampati nel cuore sin dalla prima lettura:

«Non sien le genti, ancor, troppo sicure
a giudicar, sì come quei che stima
le biade in campo pria che sien mature»

(Paradiso XIII, vv.130-132)

E poco più avanti:

«Non creda donna Berta e ser Martino,
per vedere un furare, altro offerere,
vederli dentro al consiglio divino;
ché quel può surgere, e quel può cadere»

(Paradiso XIII, vv.145-148).

In parafrasi riassuntiva: non si abbia fretta di giudicare dalle apparenze, nessuno saprà come sarà il raccolto prima che sia maturo e se qualcuno pensa di poter condannare chi ruba ed esaltare chi fa un’offerta, sappia che il giudizio divino è imperscrutabile tanto che può cadere chi sta in alto e risorgere chi sta in basso.

Una precisazione: “donna Berta” e “ser Martino” equivalgono ai nostri “Tizio” e “Caio” ma preceduti dai titoli canzonatori donna (signora) e ser (signore). Detto ciò, non tiro le conclusioni per te che leggi, ma confesso che queste parole mi infondono leggerezza nel cuore.

Mi danno speranza e libertà.

Non è solo questione di ribadire l’importanza di giudicare l’albero dai frutti e non i frutti dall’albero, come spesso accade in tante umane troppo umane consorterie: sei dei nostri, dunque i tuoi frutti sono buoni; militi con altri, allora i tuoi frutti sono pessimi.

È anche il ribadire che c’è speranza per tutti, fino alla fine e oltre la fine: come per Manfredi, accolto da braccia larghe di misericordia, ben più capaci della micropsichia di tante dottrine e dottrinari.

Caro lettore, adorata lettrice, io non lo so se esiste veramente Iddio. Lo spero: e provo ogni giorno a crederci mio malgrado. Ma mi piace confidare che, se proprio esiste, sia un Dio così, con cuore di padre e madre, che aspetta tutti sulla soglia, fino all’ultimo, senza mai chiudere la porta, pronto a correre incontro a chiunque abbia nostalgia di Casa.

Al di là dei nostri giudizi e pregiudizi. Ben oltre le apparenze su cui troppo spesso, e frettolosamente, assolviamo i nostri amici e condanniamo i nostri avversari.

Il grano maturerà nel tempo giusto e il pruno, secco durante l’inverno, tornerà a fiorire con boccioli di rosa.

Albert Camus: «Bisogna adoperare i propri principi nelle grandi cose, nelle piccole basta la misericordia».

Nadia Toffa: «Ho sempre pensato che la vita fosse disporre sul tavolo, nel miglior modo possibile, le carte che ti sei trovato in mano. Invece all’improvviso ne arriva una che spariglia tutte le altre, e la vita è proprio come ti giochi quell’ultima carta».

Giovanni Crisostomo: «Anche se ci troviamo al vertice della virtù, è per misericordia che saremo salvati».

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QUATTRO SALTI IN BICICLETTA

 
 
 

PER SCOPRIRE MASSERIE DEL TERRITORIO

Appuntamento ai Giardini pubblici… “Baden Powell”, in onore del fondatore dei boyscout, che ha scolpito negli animi indicazioni di epiche battaglie personali per dare un senso alla vita: “Guida da te la tua canoa”, “Vedi il peggio, ma guarda al meglio”, “Butta il cuore oltre l’ostacolo”, “La felicità non viene stando seduti ad aspettarla”.

Ancora nessuna presenza umana. Gli alberi intanto bisbigliano calorosamente tra di loro, il sole occhieggia tra i rami che zefiro fa leggiadramente danzare. Profumo inebriante di aria fresca, che voluttuosamente accarezza guance e braccia. Festante nei suoi drappeggi punteggiati di fiori, la dea Flora, immortalata artisticamente da Sandro Botticelli.

Una manciata di minuti di attesa, ed arrivano alla spicciolata, i partecipanti all’escursione ciclistica, organizzata da “Lega Ambiente” di Barletta, pilotata da Raffaele Corvasce, vulcano di iniziative. Trafelato, lingua penzoloni, varca il cancello l’immancabile ritardatario che giustifica il ritardo, aprendo teatralmente le braccia, con un… “impellente bisogno fisiologico all’ultimo momento!”

Nastro di partenza… una trentina di ciclisti, diversi per temperamento, professione, genere ed età. Cappelli gialli con visiera, mani al manubrio, un piede su un pedale e l’altro a terra nel misero fazzoletto di verde pubblico sopravvissuto miracolosamente in un territorio devastato negli ultimi decenni da pazzesche scelte urbanistiche che hanno privilegiato gli interessi di pochi palazzinari. Ultime raccomandazioni, occhi aperti, disciplina sulle strade, per riportare a casa, sana e salva, la pelle.

Un territorio è una realtà molto complessa che va dipanata, per comprenderla, in tutte le sue molteplici variabili, antropiche e naturalistiche. Per tutto il percorso vi provvede, la guida Marco Bruno, giovane atletico, biondo che il giorno precedente era stato alle prese con bambini di scuola elementare, curiosi, entusiasti della vita, ed in altre occasioni si inerpica per montagne, scivola lungo dirupi, attraversa boschi, percorre sentieri, campagne e lande deserte, trainando stuoli di amanti del trekking o di lunghe passeggiate a piedi.

Mediocre la condizione del manto di asfalto e della segnaletica lungo le strade provinciali. Sconnessi e dissestati, i viottoli di campagna, che costringono le biciclette a continui saltelli e manovre tortuose nel vano tentativo di evitare spuntoni di roccia, buche, solchi di carreggiate, pozzanghere. I pavimenti pelvici, le vesciche e gli intestini, confabulando tra di loro, esprimono un forte disagio e disappunto.

Compaiono all’orizzonte altri amanti della bicicletta, allora la mano si stacca dal manubrio e sventola allegramente. Quando, poi, giunge il frastuono dei trattori trainanti irroratori, erpici o frese, gli organizzatori ne invitano i conducenti a rallentare, con il classico gesto della mano che va su e giù.

I cigli delle strade si fanno onore con il rosso smagliante dei papaveri, il giallo ed il bianco dei cuscini di margherite.  I petali di malva evocano la filastrocca: “La donnina del male di denti va nel bosco tra mille lamenti, un poco di malva cogliere vuole per fare il decotto al dente che duole…”

Nuvole di calendule, che curavano naturalmente le ferite purulente, quando Fleming non aveva ancora scoperto la penicillina, corteggiano, con le corolle giallo-arancio, che a sera timidamente si rintanano nel proprio animo vegetale, i generosi ulivi.  Apprezzati per la bontà dell’olio e delle olive, poco invece per la sconosciuta virtù terapeutica delle foglie capaci di elasticizzare i vasi sanguigni, contrastare il colesterolo LDL ed il diabete, potenziare il sistema immunitario.

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ORTO E CUCINA

 
 
 

È molto nobile assumere il compito di avere cura del creato con piccole azioni quotidiane, ed è meraviglioso che l’educazione sia capace di motivarle fino a dar forma ad uno stile di vita“: queste parole, tratte dalla Laudato Si‘ di Papa Francesco, hanno ispirato il progetto “Orto e Cucina“, un laboratorio ecologico e didattico  per bambini promosso da Angela Pomo

Ciao, Angela. Da dove nasce l’idea di avviare un orto didattico?

L’orto viene impiantato ogni anno per uso personale della nostra famiglia (anche se ogni anno ci ritroviamo a fare consegne a domicilio ad amici e parenti). Viviamo in campagna da più di due anni e qui ho avuto modo di osservare il duro lavoro della cura dell’orto (è mio marito Franco a occuparsene), ho imparato io stessa ad apprezzarne i frutti cercando in tutti i modi di evitare gli sprechi. Ho pensato che spesso diamo per scontato quello che troviamo sulla tavola e che probabilmente attribuiamo al cibo solo un valore economico.

A chi si rivolge e quali obiettivi si prefigge questa iniziativa?

L’iniziativa si rivolge ai bambini dai 5 ai 10 anni, ha l’obiettivo di educarli al rispetto della natura, dei suoi frutti e del lavoro dell’uomo. Certo non abbiamo l’ambizione di riuscirci in cinque giorni ma ci piaceva l’idea di stimolare in loro la curiosità, la bellezza, la cura e soprattutto il rispetto della terra. Stimolare l’attenzione sull’impegno del contadino e della massaia che con il loro lavoro diventano cooperatori di un progetto più grande, ognuno ha un compito, un ruolo, se svolto bene, ne viene fuori sempre qualcosa di buono per tutti

L’idea della “coltivazione” rappresenta le giuste nozioni da somministrare ai bambini in quanto terreni fertili all’apprendimento?

I bambini sono terreno fertile per l’apprendimento e questo rappresenta per me una grande responsabilità. In questo progetto non sono sola, il centro FORMAMENTIS e l’agronomo dott. Nicola Sgarra sono miei compagni di viaggio. Per me sono semplicemente Francesca e Nicola, due ragazzi (ex acierrini) che conosco da molti anni e che si sono realizzati nel loro percorso di studi. Le belle relazioni rimangono ed è stato altrettanto bello ritrovarsi per questa iniziativa dove ognuno metterà in campo le proprie competenze a servizio di questi fanciulli. Alla proposta del campo ORTO e CUCINA, molti genitori hanno risposto con grande entusiasmo. Molti lamentano che sia troppo breve, solo cinque giorni. Capiamo bene che con la chiusura della scuola i bambini da gestire a casa sono un problema (se potessi li porterei tutti in campagna da me per lasciarli liberi di giocare in tutta sicurezza), ma non abbiamo pensato al nostro progetto come ad un baby parking. Abbiamo tempi e ritmi scanditi ed organizzati tra attività ludiche e ricreative che sveleranno ai bambini il mondo meraviglioso che hanno sotto i loro occhi.

Se è possibile immaginarlo, come credi si svilupperà in futuro tale progetto?

Non lo conosco, ma non vedo l’ora di scoprirlo! Per cinque giorni staremo con i bambini dalle 9.00 alle 17.00 ma mi piacerebbe in futuro offrire anche la possibilità di pernottare. La struttura permette l’utilizzo di tende e sacchi a pelo. In estate, in campagna il cielo è meraviglioso e dopo una faticosa seppur divertente giornata trascorsa a coltivare la terra, le relazioni, le buone pratiche della convivenza, è bene alzare lo sguardo al cielo e, perchè no, coltivare anche i sogni. Ma questo presuppone, data l’età, la presenza dei genitori, allora penso: potrebbe diventare un‘esperienza per famiglie? Chissà, magari…

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Oriana Fallaci inadatta a Livorno

 
Lo zaino di Oriana Fallaci, inviata in Vietnam e in Medio Oriente, è custodito nella Biblioteca Lateranense di Roma

Lo zaino di Oriana Fallaci, inviata in Vietnam e in Medio Oriente, è custodito nella Biblioteca Lateranense di Roma

Da un articolo di Eva Giovannini pubblicato ieri sul Tirreno e da Michele Serra su queste pagine ho saputo che la città di Livorno ha deciso di negare l’intitolazione di una via a Oriana Fallaci con una duplice argomentazione: non era livornese ed era diventata, nell’ultima fase della sua vita, troppo “di destra” - perciò inadatta alla città culla del comunismo. Colpisce la demenzialità di entrambe le ragioni e lo dico senza offesa per nessuno: non so del resto chi le abbia portate avanti, non è rilevante. Il campanilismo civico ci priverebbe di viale Mazzini e via Cavour fuori da Genova e Torino, esempi a iosa.

Più interessante è la seconda causa della bocciatura: da vecchia era diventata un po’ fascista. A parte l’arroganza di darsi la patente di giudice, in questa sommaria analisi dell’evoluzione del pensiero Giovannini si domanda: chi ha stabilito il dogma della superiorità cronologica delle opinioni? Cosa pensi da ultimo vale più di quel che hai pensato prima? E’ interessante a questo proposito “Invecchiare come problema per artisti”, di Gottfried Benn, Adelphi. Poche pagine in cui Benn si domanda cosa sarebbe successo se artisti morti giovani avessero vissuto cent’anni e viceversa, se i centenari fossero scomparsi in gioventù: porta illuminanti esempi, a un tratto scrive che “alla fine della vita si aprono allo spirito rassegnato pensieri fino allora impensabili, sono come demoni beati che si posano splendenti sulle cime del passato”.

Non credo che lo spirito di Oriana Fallaci fosse rassegnato. Escluderei anche la beatitudine dei suoi demoni. Pensieri impensabili si affacciano sempre, però, col tempo. Per fortuna non a tutti capita di essere sottoposti al giudizio della commissione comunale per la toponomastica.

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Le parole si sciupano

 
La villa in Versilia che molti indicano come di proprietà del presidente ucraino

La villa in Versilia che molti indicano come di proprietà del presidente ucraino

In un luogo di villeggiatura della costa toscana le anziane signore riconoscono in Zelensky l’uomo che incrociavano fino all’estate scorsa in infradito, avviarsi con un telo in spalla verso il mare. Tanto una persona perbene, commentano all’ombra dei pini: che sfortuna questa guerra. Una “sfortuna” lontana, vista dalla Versilia, qui dove russi e ucraini facoltosi possiedono ville di vacanza confinanti e dove molti si sono rifugiati ben prima di tre mesi fa, prima che le ostilità iniziassero – informati con lungimiranza, si vede. Cordialità, conversazioni fra tavoli vicini.

La guerra, si sa, è da sempre una faccenda che non riguarda chi ha denaro. Se non fosse per il problema delle sanzioni ci sarebbe quasi da non accorgersene, mi dice un ristoratore che non fa i nomi, dei suoi clienti più assidui, naturalmente, ma ride quando aggiunge che “sono molto più esagitate le discussioni fra esperti e giornalisti filo russi e filo ucraini in tv che quelle fra russi e ucraini che vivono qui”. Non c’è da stupirsi, ripeto, che la sintonia della ricchezza possa far premio sull’identità patria.

Più interessante è invece lo stupore, a volte il divertimento, con cui si guarda, da questo ovattato luogo, al dibattito tv. “E’ come se la guerra fosse lì, tutta in tv”, dice il titolare del locale: una guerra di protagonismi, di posizionamento identitario. Una smania di primeggiare che è via via diventata fine a se stessa. C’è qualcosa di sempre meno autentico, di sempre più stucchevole e distante dalla sofferenza nella battaglia di opinioni, e non si tratta solo delle cosiddette liste di proscrizione – da dove vengano, perché siano stilate. E’ che le parole, a usarle troppo e usarle male, si sciupano.

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