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La banda larga dei detenuti e dei migranti

La banda larga dei detenuti e dei migranti
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Fino a qualche anno fa, la banda larga era la nostra terra promessa e il digital divide, il divario digitale fra chi è connesso e chi no, ci appariva come il primo problema del Paese.

Oggi i problemi principali sembrano molto più complessi anche perché portare Internet ad alta velocità in tutta Italia è diventato un obiettivo improvvisamente raggiungibile. Un po’ dipende dai fondi del Pnrr e un po’ dal fatto che i rapporti fra TIM e Open Fiber, dopo una rivalità distruttiva, sono entrati in una fase di collaborazione. Insomma già adesso nelle grandi città è abituale vedere persone che guardano una partita in diretta sul telefonino; entro il 2025 potremo farlo anche nelle località balneari o nei tantissimi minuscoli comuni di cui è fatta l’Italia.

L’unico ostacolo sulla strada dell’Italia digitale pare essere la mancanza di manodopera. Qualche giorno fa l’amministratore delegato di Open Fiber ha annunciato oltre 1000 assunzioni di operai per i cantieri, ma ha aggiunto che non ci sono. Nonostante la disoccupazione in Italia sia sempre a livelli record rispetto all’Europa e agli Stati Uniti, Open Fiber fatica a trovare 1000 operai da assumere. E per questo sta valutando due contromosse: la prima, includere la qualifica di operaio di telecomunicazioni nel decreto flussi che regola l’immigrazione; la seconda, rivolgersi ai detenuti.

 

Questa cosa ha incuriosito tutti quelli che non sanno che ormai da moltissimi anni in diverse carceri è in corso un progetto di Cisco per formare i detenuti all’informatica. Di fatto sono corsi che consentono alla fine della pena di trovarsi un lavoro. Ed è uno dei progetti di alfabetizzazione più belli del nostro paese: parte dal concetto che lo scopo della detenzione non si esaurisca nella pena, ma debba prevedere la crescita e il reinserimento di chi ha sbagliato. In assenza di iniziative analoghe, l’esperienza del carcere diventa soltanto la prima di una lunga serie. Per questo l’idea di Open Fiber va sostenuta.

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I più esposti al suicidio

 
Cristian Romaniello, esponente di Europa Verde, promotore della mozione

Cristian Romaniello, esponente di Europa Verde, promotore della mozione

 

E’ stata approvata ieri alla Camera una mozione che impegna il governo a adottare un Piano nazionale di prevenzione del suicidio. L’ha presentata Cristian Romaniello, 33 anni, psicologo, esponente di Europa Verde. Ho cercato i materiali, sinceramente incuriosita dalla possibilità che si possa con successo prevenire il suicidio: una scelta, come sa chi almeno una volta ci ha pensato, che fa il nido nella testa in cui si insedia, cresce in silenzio e diventa un gesto, quando accade, tra i più personali e meno condivisi. Ben di rado agli annunci corrisponde l’azione, difatti.

Anzi, gli annunci assolvono di solito ad altri scopi: più sociali, diciamo così, di relazione. Non sempre, ma spesso. Gli ultimi dati indicati dalla relazione risalgono al 2019, prima della pandemia che come ormai sappiamo ha provocato una crescita formidabile di episodi di autolesionismo. Sono dunque dati per difetto. Si parla di quattromila suicidi all’anno, tra le prime cause di morte per i giovani tra 15 e 29 anni. Le categorie più esposte, tra gli adulti, sono in quest’ordine: gli imprenditori, le donne vittime di violenza, le persone LGBTIQ (“portatrici di fattore di discriminazione”), gli esponenti di forze armate e corpi di polizia, i reclusi nelle carceri.

La mozione indica una serie di cose da fare, prima di tutte un osservatorio nazionale che oggi non esiste. Poi supporto, centri di assistenza e numeri telefonici, formazione. Non so se un suicida possa chiamare un numero verde, me lo domando. Alle soglie del gesto la sofferenza interna è tale per cui la morte appare un sollievo. Ma può darsi. Quel che colpisce è l’elenco delle categorie. Lo leggo e lo rileggo: c’è un pezzo di storia d’Italia, lì dentro.

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(Leggo)
«...sia fatta la tua volontà...» Mt 6,7-15.

 

Chiedendo a Dio che sia fatta la sua volontà, dovremmo comprendere che questa volontà non può essere fatta nell’astratto, o unicamente attraverso l’opera degli altri. Deve essere fatta da noi, in ognuno di noi, con ognuno di noi. Noi chiediamo ciò che ci piace ed egli ci manda ciò di cui abbiamo bisogno.

(Prego)

Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita. (Sal 26,4)
(Agisco)

Trovare lo spazio per la preghiera nella mia giornata.

 

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L’assalto alla diligenza o all’intelligenza dei votanti?

 
 
 

Ora che la propaganda elettorale tace…

A piacimento, volersi trovare al posto dell’altro quando conviene ma poi fugarsi al primo accenno di difficoltà, equivale ad essere opportunista. Ma a volte è meglio sfilarsi nei casi in cui, il fiuto accusa che l’altro dispone di “risorse” poco allineate colla razionalità.

Ma cos’è la razionalità? È un senno ben fortificato oppure è un “recipiente” colmo di stravaganze, dove il raziocinio, sciolto da guinzagli inibitori, assume, secondo il caso, l’ossimoro specifico, facendone tassello accomodante di una logica personale?

In questo periodo di propaganda elettorale, ad ascoltar comizi, sembra che tutti i candidati-oratori han ragione e che la “pura” verità, spesso coincida coi nostri interessi…beh, allora? Datosi che i candidati rappresentano dei partiti o liste civiche, perché non diamo loro la possibilità di fare un’altra ammucchiata, eleggendoli tutti? (grande coalizione-confusione). Facendo così si toglierebbero di mezzo i tanti galoppini che vengono a chiederti il voto per questo o per quel candidato da mandarti il cervello in frantumi. Senza parlare dello sciupio degli stampati che t’invadono ovunque, anche sotto i piedi, prima ancora di essersi manifestati in illeciti vari.

Questa mattina mi arriva un messaggio di un amico il quale asserisce d’aver rifiutato di stringere la mano a un candidato di Barletta poiché lo ritiene personaggio poco affidabile. Vorrei tanto che me ne indicassero uno, dico uno, al quale poter stringere io la mano senza restare mortificato poi, d’averlo fatto. Allora che pesci pigliamo? Per chi è meglio votare, per un uomo o per una donna, per il nuovo oppure per il vecchio? Coi tanti “pesci d’aprile” che ci han riservati, dopo essersi portato a casa quelli “guizzanti”, la scelta è, a dir poco, enigmatica.

Ora, coi nuovi “pescatori di voti” che hanno investito i propri risparmi in propagande varie, scordandosi di comprar “barche” e con i combustibili alle stelle, pescheranno sulla terraferma e dalle casse già dissanguate? Ci sarà certamente il consigliori di turno, il puparo, ad indicargli in quale specchio del “Genesaret” dovranno buttar le reti ed inventarsi nuove escamotages per rimpinguarle. Miracoli non se ne fanno più: solo ruberie. La calca di creduloni che li avrà votati e meglio che si porti qualcosa da casa, per il “picnic”, visto che non resteranno che “lische e croste”, che nessuno vorrà deglutire.

Non si sa più a chi credere oltre al buon Dio. Pure quando il cervello si arroventa a trovar conclusioni, tra queste, emerge sempre il dubbio che stia prendendo un abbaglio. Oltre tutto è sempre la coscienza ad erigersi imperiosa e comandare di fare il dovere-diritto e andare a votare. Io l’ho sempre fatto. Il più delle volte per far contento l’amico, tacendo i miei intenti. Diciamo che mi sono nutrito di insoddisfazioni, assecondando le richieste dell’altro. Avverrà la stessa cosa per lui, oppure questo suo modo di appoggiare taluno piuttosto che talaltro significhi crearsi una propria “chiesa” col relativo “santo” protettore? Ma se così fosse, non è meglio tenersi stretta la propria conoscenza e tutte le ferite per acquisirla, piuttosto che continuare a sbattere e sempre per colpa degli altri?

Nello spazio ridotto della gabina elettorale, a sipario chiuso, con l’andazzo dei tempi sembra che pure il cervello sia restio a scegliersi un nome, tra i tanti nuovi salvatori di sé medesimi. Io ci provo anche questa volta, ma ahimè tirando a sorte tra i tanti consigliatemi…troppi saranno gli esclusi, i trombati, ma non avrò, fino a qui, ragion di rimorso…

Dato che esistono oratori balbuzienti, umoristi tristi, parrucchieri calvi, potrebbero anche esistere politici onesti (Dario Fo).

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Il potere e la bellezza del Tango

 
 
 

“Il tango non è come la vita, è più facile. Nel tango non c’è possibilità di errore!” (Frank Slade, Al Pacino, in “Profumo di Donna”)

Il tango non è solo un ballo ma un linguaggio multiculturale che assume i tratti della sua essenza originale nella XV edizione dell’Apulia Tango Festival di Bari, un evento che dal 16 al 19 giugno trasformerà il capoluogo pugliese nel centro di questa storica danza, facendoci respirare l’atmosfera melliflua e sensuale di Buenos Aires in una manifestazione organizzata dall’Accademia di Tango Argentino Apulia Tango, con direzione artistica di Nicla Zonno e col patrocinio del Comune di Bari, della Regione Puglia e. dell’Ambasciata Argentina.

La kermesse si presenta come una full immersion nella musica dal vivo performata dai migliori maestri e ballerini del panorama internazionale, straordinari interpreti che daranno vita a workshop, lezioni e spettacoli di alto livello.

Un’occasione da non perdere, insomma, la possibilità di condividere il piacere artistico di fronte al mare pugliese, il tutto grazie alla passione e alla competenza di personalità del calibro di Ariadna Naveira & Fernando Sanchez, Francesca Del Buono &  Santiago Castro, Juan Amaja & Valentina Garnier, Anna Paradiso & Pierpaolo Pellegrini, l’Orquesta Sonder Tango (proveniente dall’Argentina) e i Tdj Javier Guiraldi (Argentina), Rosita Aragione (Italia), Tanita la Brujita (Italia) e Milena Lanza (Italia).

Il programma parte giovedì 16 giugno alle ore 18.30 con una lezione gratuita di tango argentino per principianti assoluti. Si prosegue alle ore 20.00 con la serata inaugurale del festival, che si terrà a Largo Giannella, uno dei luoghi più rappresentativi dello splendido lungomare di Bari, con la Milonga de Bienvenida. Per l’occasione verrà rappresentata, così come avviene nella città di Buenos Aires, una serata di tango argentino – detta appunto Milonga – con la partecipazione di ballerini professionisti e amatoriali, provenienti da numerosissime nazioni.

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Galoppata

 
 
 

Galoppo in un sogno profondo,

sopra cinerei orizzonti apocalittici,

dove l’aria, satura di ossidi rari,

attanaglia il respiro che si fa affannoso:

il cuore aumenta il ritmo

e scalpita con l’animale…

Fermenti e traumi ecologici.

Rispetto mancante per una natura

arresa, spoglia, umiliata, sconfitta…

Galoppo sopra un limbo di sole glaciale

ignaro di Dio e del Suo geniale…

Galoppo sopra vulcani di formiche drogate;

sopra sembianze di mogli ripudiate…

E galoppo verso un giorno

che oramai non arriva:

inghiottito da un abisso di nulla,

da orde di neri africani,

da gialli asiatici e cerei americani,

fecondatori del male e di generi fecali…

Lo scompiglio dell’anima m’assale,

distrugge la mente, ma galoppo.

Le idee, i pensieri, i ricordi,

appesi ad alberi di plastica

che un giorno furono ulivi, ma galoppo.

Futuri regni di cadaveri,

brulicanti di vermi, galoppando prevedo…

E galoppo tra gabbiani impazziti,

arroganti, nei loro voli sinuosi,

sopra un mare stemperato nei suoi colori;

sopra discariche di taniche,

vuote come le promesse;

sopra miriadi di stronzi vermigli:

seri, assorti, fumanti,

mentre sfuma l’astratta realtà del tempo…

E galoppo sopra fanciulle indifese

dal pianto perenne,

sopra stalattiti di corna ossidate,

sopra lapidari

segni di sincera gratitudine,

di riconoscimento a chi

verginità ha perduto.

E galoppo!

Galoppo ancora,

con la milza a pezzetti

e il cuore sugli occhi…

Avanti e indietro nel tempo:

senza ore, senza luce,

dove il tutto è niente

e l’inizio è già fine.

Galoppo nell’etere,

fra squittenti cori angelici:

dispotici, assordanti…

Nevrotico, galoppo, e gareggio,

con autisti falliti, senza membri

(recisi da spose gelose)

che bruciano i figli, per farne benzina…

Galoppo fin sopra un’aia spaziale

dove ha fine la mia cavalcata

e dove smonto dal mio cavallo,

un bizzarro cavallo di “Frisia”…

lasciandolo impastoiato,

fra mille, stanchi e dismessi,

in un desolato, inquinato,

minato prato di ruggine…

 

San Ferdinando 1l/07/1994

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Prima di bocciare bitcoin e criptovalute leggete questa lettera

Prima di bocciare bitcoin e criptovalute leggete questa lettera
(reuters)
E' stata firmata da ventuno avvocati dei diritti umani provenienti da venti paesi. Si tratta di persone coraggiose che operano in luoghi difficili
1 minuti di lettura
 

Quando il bitcoin, assieme a tutte le altre criptovalute, qualche mese fa ha iniziato ad affondare non sono tra quelli che si sono disperati. Non avevo perso nulla. Pur seguendone con attenzione e curiosità le vicende, nelle critpo non ho mai investito un euro. Niente. Né sono sono tra coloro che affermano con sicurezza che si tratti di una bufala o di un pericolo: semplicemente non ho capito abbastanza il meccanismo delle criptovalute per poter esprimere un giudizio affilato come quello di Warren Buffett, il principe degli investitori, che recentemente ha detto: non cambierei tutti i bitcoin del mondo (valutati mille miliardi solo sei mesi fa) per 25 dollari. Insomma, sto cercando di capire.

 

E mi ha molto colpito la lettera aperta al Congresso americano firmata da ventuno avvocati dei diritti umani provenienti da venti paesi. Si tratta di persone coraggiose che operano in luoghi difficili come Afghanistan, Palestina, Venezuela,Iraq, Nigeria, Corea del Nord, Turchia e naturalmente Russia ed Ucraina. Il senso della lettera è che in regimi autoritari o là dove c’è una fortissima instabilità monetaria, i bitcoin e le altre criptovalute ancorate dal dollaro (stablecoin) sono uno strumento fondamentale di libertà. per dirla con le parole dell’ucraiana Lyudmyla Kozlovska,  “il Bitcoin non è soltanto una tecnologia, ma uno strumento che ha letteralmente salvato la vita a molti cittadini ucraini” all’inizio del conflitto.

Questo non vuol dire, dicono i firmatari della lettera, che le criptovalute siano esenti di rischi, ma la creazione di un sistema monetario decentralizzato è essenziale per sfidare le tirannie e dare forza alla resistenza per tutte quelle persone che non possono avere accesso a dollari o euro. E’ una lettera importante, che fa riflettere, mentre la politica in vari paesi si accinge a decidere il destino delle criptovalute. 

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Una foto di fine corso

 
La foto di Stanislav Senyk fa parte della serie "Graduating high school students"

Lo scatto del fotografo ucraino Stanislav Senyk fa parte della serie "Graduating high school students"

C’è un’immagine bellissima che rimbalza fra reti e telefoni da ieri. Se non ho capito male fa parte di una serie scattata dal fotografo Stanislav Senyk, che ha deciso di fare un album di ritratti di studenti nel giorno del diploma. “Graduating high school students”. La foto di fine corso. Quelle che si pubblicano sui giornali quando si insedia il nuovo presidente del Consiglio, si cercano e si intervistano i compagni di classe: in bianco e nero, in posa con l’insegnante al centro. Anche dei nonni e dei genitori ne abbiamo in casa, di foto così.

Sono tutti serissimi perché allora nelle foto non si usava ridere: non erano fatte per dimostrare quanto fossimo falsamente felici, come adesso. L’immagine che mi ha colpito è stata scattata a Chernihiv, in Ucraina. Gli studenti sono in posa in un edificio distrutto dalle bombe. Sei ragazze al piano terra, cinque in due diverse stanze al primo piano, due più in alto. Il palazzo è sventrato, i ragazzi su quel che resta dei pavimenti – quelli in alto sono a un passo dal vuoto. E’ un giorno felice e le ragazze, che sono ragazze di adesso, stanno in posa come vedo fare a tutte le adolescenti: con gesto istintivo, davanti alla fotocamera, mettono una spalla avanti, si girano di tre quarti, una gamba semiflessa davanti all’altra. Si vede che allunga.

I maschi stanno a braccia conserte o mani in tasca, come al solito. Tutti hanno negli occhi una specie di orgoglio e sulle labbra un piccolo sorriso, ma non come su Instagram. Senza denti, qui. Sorridono a labbra chiuse. E’ difficile raccontare una foto, che d’altra parte resta solo se non ha bisogno di parole. Fra una settimana vanno alla Maturità i nostri figli, qui in Italia. Sarebbe bello che la vedessero prima di entrare in aula, ho pensato.

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(Leggo)

«Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà»

Mt 6,1-6.16-18.

Come nei confronti della moglie o della fidanzata amata nella passione ma con pudore, discrezione e riservatezza, così la carità (=Dio) non fa altro che essere discreta, umile, mai appariscente. Parole di Gesù che non possono non suscitare qualche esame di coscienza.

(Prego)

O Padre che ami chi dona con gioia, illumina le azioni del tuo popolo, affinché chiunque ci incontra possa accorgersi della grandezza del tuo amore.

(Agisco)

Una preghiera e un pensiero di gratitudine ai tanti benefattori e volontari che vivono nelle nostre parrocchie.

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Non è il film "Gomorra",ma la cruda realtà...
https://www.corriere.it/cronache/22_giugno_14/cosimo-lauro-chi-boss-guerra-scampia-ritratto-un-camorrista-c212106e-eb64-11ec-b89b-6b199698064a.shtml 

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