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La privacy del tabellone

I tabelloni degli scrutini possono essere affissi solo nelle scuole senza registro elettronico e comunque mai con i voti

I tabelloni degli scrutini possono essere affissi solo nelle scuole senza registro elettronico e comunque mai con i voti

Soccomberemo sommersi dal ridicolo del politicamente corretto, non occorre che sia io a rammentarlo: i più svelti ci fanno sopra stand-up comedy e serie tv da anni. Siamo vicini al punto di saturazione, vorrei poter dire, il punto in cui l’idiozia fa testa coda e si ripristina il vocabolario, il contesto, la logica. Speriamo. Intanto ogni giorno ci delizia di un nuovo divieto che ci impedisce di vivere e parlare normalmente in nome del rispetto altrui, il quale è intanto andato tutto attorno a farsi benedire, nel senso comune, ma le regole no, le regole sono implacabili.

Possiamo continuare a venderci ai marchi commerciali e ai signori del web che capitalizzano in clic ogni dettaglio della nostra vita intima, siamo anzi esortati a farlo in nome del genio d’impresa, ma poi c’è la privacy. Il totem. L’ultima: Claudia Sprocatti, lettrice, mi scrive che a scuola a fine anno non si possono più affiggere i tabelloni dei voti nell’atrio. Ciascuno può conoscere solo il suo risultato dal registro elettronico. Difatti sapere se Anna è bocciata potrebbe offenderla. Ora: a parte il fatto che i ragazzi si parlano e lo sanno lo stesso. A parte che il confronto è formativo, è uno sprone e comunque un dato di realtà che ci accompagnerà nella vita.

Ma chiedo. Chi ha pensato che conoscere i voti dei compagni possa provocare un trauma ha mai visto il profilo Instagram di un adolescente? Ha idea del livello di “conoscenza reciproca”, chiamiamola così, di una chat tra sedicenni? Condividono la loro intimità con letizia. Poi certo corrono rischi: certe immagini diventano armi. Ma lo fanno perché così va il mondo. Conoscono ogni centimetro di pelle uno dell’altro ma i voti no, i voti potrebbero turbarli.

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(Leggo) «Nessuno può servire due padroni» Mt 6,24-34.

 

Un gruppo di giovani visita un vecchio saggio sulla montagna,  pacifico e felice nella sua evidente povertà.
“Parlaci del denaro”, chiedono i giovani.
Il saggio sorride e dice: “Guardate attraverso il vetro della mia finestra. Che cosa vedete?”.
“Il cielo, il sole, la montagna, gli alberi, la gente che passa...”.
Il saggio, allora, tende loro, un piccolo specchio e dice: “Guardate in questo specchio. Che cosa vedete?”.
“I nostri volti, evidentemente”, rispondono i giovani, meravigliati.
Il saggio riprende lo specchio, vi toglie la lamina d’argento e lo porge di nuovo ai suoi visitatori.
“Ed ora, che cosa vedete?”.
“Questo specchio non è che un vetro, dicono, non ci si vede più, ma si vedono gli altri”.

(Prego)

O Dio, fortezza di chi spera in te,
ascolta benigno le nostre invocazioni,
e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto,
soccorrici sempre con la tua grazia,
perché fedeli ai tuoi comandamenti
possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere.

(Agisco)

Il prossimo 26 giugno è la domenica dedicata alla carità del Papa e in tutte le parrocchie le offerte raccolte a messa verranno destinate a lui per il bene che egli vuole realizzaree; andrò a messa e donerò una mia piccolissima somma di denaro.

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La forza per fare

 
 
 

«Ciascuno di noi è completamente isolato in sé stesso, anche se tra noi il legame è strettissimo. La vita intera non è altro che un tentativo ininterrotto di ritrovarci»

(Thomas Bernhard)

È molto strano, le hanno parlato della forza degli eventi e del loro essere inspiegabilmente legati gli uni agli altri, anche nel corso di lunghissimi anni, durante i quali il disegno non si vede.

Anno domini 2004, sua madre scopre di essere ammalata, qualcuno le chiede di cosa e lei risponde: Non farmelo dire. È figlia e nipote unica, ha un padre solo ed esclusivamente sulla carta, poco più di vent’anni, nessun tempo per capire, giusto quello per agire. Lo fa. Senza sapere come, ogni giorno, sempre e senza mai tralasciare nessun dettaglio. La forza fisica non viene mai meno, la capacità di imparare a muoversi in modo funzionale diventa sempre più fluida ed evidente, il problem solving immediato diventa pane quotidiano, Viviana verrà proclamata “santa” perché la prende per il culo costantemente, la fa ridere e, nel frattempo,  si occupa delle cose quotidiane: la sostituisce in ufficio, le porta il lavoro in clinica, prepara da mangiare per sua mamma e per lei, passa da casa e fa le pulizie. In più entra ed esce insieme a lei anche dai tubi del gas dell’ospedale, se è necessario, quando è vietato farlo nei modi regolari: la mamma ha mal di testa, non arriva il paracetamolo, è notte… loro lo comprano e si infiltrano. Non ci prenderanno mai… si dicono, e la mamma, intanto, le guarda dal suo letto numerato, può muoversi poco, si dà manate sulla fronte e ridendo dice loro che sono totalmente pazze. Però il paracetamolo lo apprezza.

Nel mentre lei fa amicizia con tanti nuovi termini medici, li impara, li capisce, li vede addirittura agire come avessero vita propria e passa moltissimo tempo fuori ad un posto che di nome fa Medicina e di cognome Nucleare.

Lì no, non la fanno entrare: non lo farebbero in ogni caso, ma vista la giovanissima età, niente… quando è indispensabile perché lei è assolutamente l’unico interlocutore possibile, la coprono con cose molto simili ad armature, per proteggerla dalle radiazioni che se la spassano lì dentro.

Questo solo uno sfondo… passati anni in questo modo, tutto regolare, anche così si diventa grandi: per esempio iniziando a pagare l’IMU.

Anno domini 2016: è addirittura lei la mamma adesso, come Viviana. E desidera un cane… anche qui, una serie di eventi mai meglio spiegati, che appaiono solo figli del Caso, la portano dal suo peloso di fiducia e necessariamente dalle persone che glielo cedono e concedono. Con quelle persone, che sono due, si crea una specie di legame autonomo, che in qualche modo si nutre senza essere necessariamente nutrito; almeno non come canonicamente si intendono queste cose. Negli ultimi sei anni si sono visti pochissimo, ma questo non ha mai significato granché rispetto a quel legame: lei ha sempre provato un affetto molto profondo per quelle persone ed il suo cane ha fatto lo stesso. Lui è la sua ombra, ma, quando vede quelle persone, letteralmente impazzisce e finisce in brodo. Il suo cane vuol loro decisamente molto bene e, nel suo mondo, questa è la massima garanzia di eccellenza.

Anno domini 2022: la nostra amica è con un altro cane, che è fratello biologico del suo. Fratello vero, non per dire. Ed è anche con un terzo cane, padre dei primi due. Anche qui, padre vero, non per dire. Ha sentito al telefono un figlio unico come lo è lei, che è uno dei loro umani di fiducia (padrone, diciamo noi bipedi, ma il termine a me non piace). Nel corso della telefonata ha fatto una domanda a quel figlio unico, che le ha risposto: Non farmelo dire. Non poteva pescare parole più casuali, giustamente.

Sì, è anche con lui, oltreché con  suoi cani e lo guarda essere perfettamente funzionale rispetto a quanto ha da fare: il fatto è che sa perfettamente cosa lui stia facendo e come lo stia facendo. Quindi le viene naturale fare come Viviana: loro due stanno ridendo, va bene così, ed in un certo tempo di stasi accade che lei sia una panchina, il cane del figlio unico seduto sui suoi piedi e ancora casualmente, mentre il suo padrone è in tutt’altro posto, direi reparto ospedaliero, con la sua di mamma, lei alza lo sguardo e sempre per le coincidenze che non esistono legge un cartello.

Nome: Medicina.

Cognome: Nucleare.

Come a dire: punto e a capo… non sei tu, ma in definitiva è come se lo fossi ed è qui che dovevi arrivare a stare. In questo legame non c’è mai stato niente di davvero casuale. C’è sempre stato un motivo, forse è questo, forse no, ma di certo ora puoi iniziare a fartene una ragione.

È proprio vero: siamo tutti esseri umani legati inscindibilmente gli uni agli altri e per ragioni che non possiamo capire.

Di fatto è assolutamente necessario che ci prendiamo cura gli uni degli altri, come possiamo ed al massimo del nostro possibile. Perché sì, c’è sempre una ragione se qualcuno o qualcosa capita nelle nostre esistenze: e le esistenze cambiano, dalla sera alla mattina, senza poterlo prevedere e non necessariamente in modo da facilitare le cose.

Andrà tutto bene, in un modo che lei non sa, ma con un colore molto, molto diverso da quello degli arcobaleni che spesso diventano troppo ed inutilmente scialbi… piuttosto con il sapore di tutto quanto sa di avere da imparare da certe persone: “Non ho più espressioni per la sofferenza in dieci giorni, ma di fatto esiste un momento in cui l’unica scelta che hai è trovare forza per fare: e forte diventi. Forte sei. Grazie perché ci sei, ti sei seduta qui accanto e finalmente mi sono rilassato. Posso sbadigliare. Dunque sbadiglio.”

Niente, sono delicatissimi schiaffi morali.

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Niente sesso?

 
 
 

In merito alla nota del Dicastero per i laici

Ho letto, forse in maniera un po’ frettolosa, il documento Itinerari catecumenali per la vita matrimo- niale, del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, soffermandomi su ciò che, dal punto di vista dei social, sta costituendo un tam tam continuo …segno che il problema è avvertito profondamente.

Mi preme premettere che

  • personalmente, provengo da una formazione di “Ricerca Biblica” e non di teologia morale;
  • l’argomento, qualora degenerasse in polemica tra ragioni e torti, rischia di essere falsato;
  • I confronti sono sempre arricchenti, qualora risultino pacati e liberi, senza cercare di difendere, per partito preso, bandiere di chicchessia.

La sessualità, prima di essere considerata oggetto di proibizionismi, è una grandissima forza-valore che condiziona positivamente o negativamente la vita di una persona. Qui si incentra il lavoro prezioso dell’educatore chepotremmo paragonare alla gestione di una grande quantità d’acqua contenuta in un invaso che ha bisogno di essere canalizzata affinché, irrigando la terra dia frutti. Quando però a quest’acqua viene meno la canalizzazione…allora avvengono le inondazioni, e quella stessa quantità di acqua produce grossi danni.

In proposito, le culture ancestrali sono state sempre rigide nel trattare la sessualità intesa come origine della vita. Iltimore era non ridurre l’origine della vita a un gioco estemporaneo. Ma oggi, con l’avvento della psicologia come scienza, molte cose sono cambiate: la gestione della propria sessualità non è soltanto in funzione della vita, ma faparte del benessere e dell’equilibrio della persona.

Purtroppo, in tempi non molto distanti da noi, nei seminari, l’insegnante di teologia morale, spesso, era lo stesso di diritto canonico. Questo dato cambia l’ottica di lettura della sessualità. Si aggiunga anche che, nella vecchiadistinzione tra peccato mortale e peccato veniale, i “peccati” contro la sessualità erano considerati tutti mortali …non c’erano peccati veniali.

Credo che bisogna convenire che la sessualità è parte integrante dell’affettività. Questa è oggetto di uno sviluppo educativo che varia da persona a persona e ogni forma di proibizionismo è antieducativa, così come la distribuzione tout court di preservativi.

  1. Attenzione al proibizionismo: che non sia una scappatoia per evitare impegni e responsabilità educative che hanno bisogno di tempi lunghi e di metodologie
  2. Purtroppo abbiamo bisogno del “lanternino di Diogene” per cercare educatori pazienti, premurosi e amorevoli che ci sono, ma sono sempre pochi e con poco tempo a propria
  3. La scoperta e la gestione della propria sessualità fa parte della conoscenza di se stessi: non farla, o sottovalutarla, soprattutto nell’età adolescenziale, significa trascinarsi, negli anni, dei blocchi pericolosi, perché in natura non ci sono
  4. L’autocontrollo (anche se soggetto a molte varianti e condizionamenti), inteso come maturità psico-fisica, rimane l’obiettivo di ogni processo educativo, più che un intransigente diktat.
  5. Se davanti all’altare si presentano degli sposi che emotivamente non hanno mai sperimentato emozioni forti da“pelle d’oca” nello stare assieme …credo che si stia celebrando un matrimonio nullo, perché non si è a conoscenza di ciò che si va a

In merito al documento del Dicastero, occorre evidenziare, per dovere di cronaca, che Papa Francesco ha preparato una prefazione (4 pagine più un paragrafo) in cui non c’è nessun riferimento al sesso prima del matrimonio. Si tratta dell’unico scritto all’interno del documento che può essere attribuito direttamente al Papa: in calce alla prefazione c’è la firma pontificia. Il resto del volume, invece, è stato predisposto dal Dicastero.

All’interno del documento, il termine “castità” viene utilizzato in 5 pagine. La prima volta (pagina 34) si parla dell’importanza dell’ascolto delle testimonianze dei coniugi da parte dei giovani che intendono sposarsi. Si evidenzia come sia utile ascoltare la testimonianza «anche di coloro che hanno compiuto la scelta della castitàprima del matrimonio». A pagina 53, la parola “castità” viene indicata come «vera alleata dell’amore, che la chiesa non deve aver paura di proporre». Si tratta del virgolettato che, sui quotidiani, è stato attribuito al Papa. Non sono sueparole, ma del Dicastero, e, quindi, non impongono nessun obbligo, ma semplici indicazioni, di castità pre-matrimoniale. In queste pagine (continua a pag. 54, a pag. 55 e 71) si riprende il concetto di “castità” che il Catechismo della chiesa cattolica ha sempre evidenziato.

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La banda larga dei detenuti e dei migranti

La banda larga dei detenuti e dei migranti
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Fino a qualche anno fa, la banda larga era la nostra terra promessa e il digital divide, il divario digitale fra chi è connesso e chi no, ci appariva come il primo problema del Paese.

Oggi i problemi principali sembrano molto più complessi anche perché portare Internet ad alta velocità in tutta Italia è diventato un obiettivo improvvisamente raggiungibile. Un po’ dipende dai fondi del Pnrr e un po’ dal fatto che i rapporti fra TIM e Open Fiber, dopo una rivalità distruttiva, sono entrati in una fase di collaborazione. Insomma già adesso nelle grandi città è abituale vedere persone che guardano una partita in diretta sul telefonino; entro il 2025 potremo farlo anche nelle località balneari o nei tantissimi minuscoli comuni di cui è fatta l’Italia.

L’unico ostacolo sulla strada dell’Italia digitale pare essere la mancanza di manodopera. Qualche giorno fa l’amministratore delegato di Open Fiber ha annunciato oltre 1000 assunzioni di operai per i cantieri, ma ha aggiunto che non ci sono. Nonostante la disoccupazione in Italia sia sempre a livelli record rispetto all’Europa e agli Stati Uniti, Open Fiber fatica a trovare 1000 operai da assumere. E per questo sta valutando due contromosse: la prima, includere la qualifica di operaio di telecomunicazioni nel decreto flussi che regola l’immigrazione; la seconda, rivolgersi ai detenuti.

 

Questa cosa ha incuriosito tutti quelli che non sanno che ormai da moltissimi anni in diverse carceri è in corso un progetto di Cisco per formare i detenuti all’informatica. Di fatto sono corsi che consentono alla fine della pena di trovarsi un lavoro. Ed è uno dei progetti di alfabetizzazione più belli del nostro paese: parte dal concetto che lo scopo della detenzione non si esaurisca nella pena, ma debba prevedere la crescita e il reinserimento di chi ha sbagliato. In assenza di iniziative analoghe, l’esperienza del carcere diventa soltanto la prima di una lunga serie. Per questo l’idea di Open Fiber va sostenuta.

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Saturi, esausti e anche un po' tristi

 
La sede del Reuters Institute for the Study of Journalism a Oxford

La sede del Reuters Institute for the Study of Journalism a Oxford

Parlavo con un vecchio amico, ieri sera, e quando dopo la rassegna di aggiornamento sulle vite private siamo passati al mondo fuori - “hai letto questo, hai visto questo” – mi ha detto: “Sai, un tempo mi appassionavo tanto alle cause altrui, agli snodi, ai retroscena misteriosi. Adesso vedo che non ce la faccio. Sono saturo, esausto. Magari più avanti andrà meglio”. Sospetto che sia un sentimento diffuso. C’entrano la guerra, certamente, la pandemia, il bombardamento di notizie, la violenza sommaria con cui il dibattito si svolge.

Ma è anche possibile che ci sia uno spazio dato, dentro di noi e per ciascuno diverso, oltre il quale la complessità dell’esistenza diventa insostenibile ed è meglio escluderla, dunque: silenziarla, amputarla. Concentrarsi sul proprio perimetro, pazienza per gli altri. “Saturi” ed “esausti” sono aggettivi che ricorrono nella relazione annuale del Reuters Institute di Oxford sull’informazione nel mondo, un’analisi su quarantasei paesi che mostra quanto e come abbiamo desiderio di sapere. Si registra ovunque una fuga dalle notizie: il 38 per cento della popolazione le evita consapevolmente. Il 43 per cento lamenta un sovraccarico, saturazione, il 36 si sente triste, il 29 esausto.

Una larga maggioranza non riesce a stabilire la credibilità delle notizie, non si fida. Avere troppo a disposizione equivale a non avere niente, se non hai un filtro per selezionare. E’ come quando una ricerca su Google ti dà due milioni di risultati. O sai esattamente cosa cerchi (in biblioteca si andava a cercare un testo, quello) o sei perduto. Alla fine si torna sempre lì: la capacità di “contenere” dipende da quello che sai, da quello che sei. Non da quello che ti si para di fronte.

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L’uomo e l’ananas

L’uomo e l’ananas
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La prima cosa bella di venerdì 17 giugno 2022 è una piantina di ananas capace di diventare una piccola storia del mondo, raccontata in 5 anni, percorrendo migliaia di chilometri.

Succede che un giorno una donna decide di lasciare il suo fidanzato, un giornalista freelance olandese con un nome da fiction sugli avvocati: Lex Boon. Il suo ultimo regalo è questa piantina di ananas comprata all’Ikea. Per 7,99 euro, scoprirà lui, puntuto, controllando sul sito. Essendo stato piantato, gli resta quella piantina e inizia una storia con lei.

Nel senso che dedica i successivi anni a ricostruire l’avventurosa storia dell’ananas tra guerre, commerciali e non, proteste, esperimenti culinari. Lascia Amsterdam per la Thailandia, poi la Scozia, la Florida, Costa Rica e finirà alle Hawaii. Non essendoci ancora arrivato non so dire se gli indigeni sappiano della pizza Hawaii, con prosciutto e ananas, e cosa ne pensino.

 

So che Lex mi ha già preso, perché invece di ruminare pagine sul suo amor finito e darcele in pasto è andato nel mondo, a inseguire storie, che sbocciano ovunque, anche da un vasetto con un piccolo frutto da 7,99, che cresce, cresce e riconquista la vita.

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(Leggo)
«Non accumulate per voi tesori sulla terra» Mt 6,19-23.

 

Noi tutti conosciamo uomini e donne che non possedevano nulla, ma ci hanno lasciato un’eredità spirituale estremamente arricchente. Penso a san Francesco d’Assisi, così invaghito di madonna povertà, a santa Teresa, a san Francesco di Sales, e tanti altri che trascinano tante persone a dedicarsi a Dio e al proprio prossimo. Questi poveri hanno saputo scoprire il vero tesoro, imperituro, inestimabile, che hanno diviso e continuano a dividere con tutti coloro che ripongono la propria fiducia e la propria ricchezza in Dio.

 

(Prego)

Padre santo, custodiscili nel tuo nome,
perché siano, come noi, una cosa sola. (Gv 17,11)

 

(Agisco)

Apprezzare ogni bene terreno come provvidenza di Dio.

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LE ASSAGGIATRICI

 
 
 

 di Rossella Postorino

Questo libro, vincitore del Premio Campiello 2018, narra attraverso l’esperienza di Rosa Sauer, la vita, i timori, le impressioni delle donne “arruolate” come assaggiatrici di Adolf Hitler nella caserma di Krausendorf. Un ruolo a lungo dimenticato dalla storia e a cui le prescelte non potevano opporre alcun rifiuto. La Postorino si è ispirata alla vera vita di Margot Wolk, un’assaggiatrice del Führer che da paranoico qual era aveva paura di essere avvelenato, da qui la necessità di avere qualcuno che assaggiasse il suo cibo.

Nello scorrere delle pagine ci si immedesima completamente con la protagonista arrivando a condividerne le emozioni, le paure, le perplessità e i tanti interrogativi. Rosa ed altre 9 donne saranno reclutate forzatamente e vivranno sulla loro pelle uno tra i tanti orrori che il nazismo ha saputo perpetrare, in questo caso, rischiare ad ogni pasto la propria vita. Ecco quindi che con il passare dei mesi tra le donne si creeranno dei rapporti di amicizia, per cui la “straniera di Berlino” (soprannome che le donne le avevano dato) si sentirà un po’ meno sola e un po’ più supportata. All’amicizia si accosterà anche un altro sentimento, un amore per il cinico e spietato comandante, Albert Ziegler.

Rosa può apparire a tratti ambigua: appartiene ad una famiglia che disapprova esplicitamente il regime nazista e Hitler, m eppure si ritroverà a lavorare per lui e per fame mangerà voracemente tutto ciò che le viene messo nel piatto; innamorata di suo marito Greg, partito per il fronte russo per combattere si abbandonerà alla storia d’amore con il comandante. Ma Rosa più che ambigua dimostra tutta la fragile e destabilizzante forza di una donna che cerca di andare avanti nonostante i dolori e le paure che si porta dentro.

Rosa si domanda : «perché, da tempo, mi trovavo in posti in cui non volevo stare, e accondiscendevo, e non mi ribellavo, e continuavo a sopravvivere ogni volta che qualcuno mi veniva portato via? La capacità di adattamento è la maggiore risorsa dell’essere umano, ma più mi adattavo e meno mi sentivo umana.»

Rassegnazione e sopravvivenza, sono nominate più volte lungo le pagine ed è proprio in queste sue parole che si nasconde una vita emotivamente e indiscutibilmente provata.

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Nibali per sempre

 
 
 

Tributo di un tifoso a un grande ciclista

Lo scorso 11 maggio nella tappa del Giro d’Italia n°5, la frazione per velocisti da Catania a Messina, la vittoria era andata a Arnaud Demare, il francese della FDJ.

La tappa verrà ricordata soprattutto per le dichiarazioni a fine gara rilasciate da Vincenzo Nibali ai microfoni del Processo alla Tappa, nelle quali ha esternato, in lacrime, le sue impressioni e le sue emozioni riguardo la scelta di lasciare il ciclismo agonistico a fine stagione :«Aspettavo questa tappa da qualche anno. Proprio nella terra dove sono nato e ho iniziato a pedalare volevo annunciare che questo sarà il mio ultimo Giro d’Italia e che probabilmente mi ritirerò a fine anno. Ho raccolto davvero tantissimo nella mia carriera, ho cercato di fare il meglio fino ad ora. Sono emozionato, qui è iniziata la mia storia, con le prime corse in Sicilia, che poi ho lasciato a 15 anni. Ho dato tantissimo al ciclismo e forse è arrivato il momento di poter restituire un po’ quello che ho sottratto alla famiglia, agli amici, a tutto quello che ho sacrificato per le due ruote» (Fonte RAI). Nello sport i numeri contano e hanno un peso specifico: Nibali fa parte del ristretto club di coloro che hanno vinto i tre Grandi Giri; ha vinto il Giro di Lombardia per due volte e una Milano Sanremo. Il più grande rammarico è senza dubbio la caduta di Rio, ai Giochi Olimpici, quando era solo al comando, impresa che gli avrebbe attribuito l’immortalità olimpica.

Nell’immaginario comune lo Squalo dello Stretto occupa il posto di coloro che hanno fatto grande le due ruote in azzurro come Coppi, Bartali, Gimondi e Pantani. Un campione umile e mai arrendevole, capace di colpi da campione, da “uomo solo al comando”, per citare la celeberrima frase di Mario Ferretti. Anche nelle sconfitte ha saputo essere esemplare, non colpevolizzando mai nessuno e prendendosi le proprie responsabilità,  riuscendo sempre a risalire sul sellino della sua bici per riscattarsi. Forte in discesa, temibile in salita, Nibali ha sempre ricoperto il ruolo di leader. Anche nell’ultimo Giro lo Squalo è arrivato quarto, un risultato mica male per chi ha deciso di smettere.

Della straordinaria carriera di Nibali vorrei ricordare tre vittorie, tre flash, quelle nelle quali all’estro e all’imprevedibilità ha saputo associare la capacità di leggere la tappa ed essere al posto giusto, nel momento giusto.

TAPPA 2 DEL TOUR DE FRANCE 2014 YORK – SHEFFIELD.

Nella tappa inglese, una gara che sembra una delle Classiche del Nord, Froome e Contador vengono sorpresi dalla mini fuga di Nibali, che a meno di 3 chilometri stacca il gruppo e precede di 2” Sagan. Una prodezza che gli vale la vittoria e la maglia gialla provvisoria, un presagio per quello che sarà il risultato finale di quella edizione, una vittoria italiana alla Grande Boucle sedici anni dopo Pantani.

19^TAPPA DEL GIRO D’ ITALIA 2016 PINEROLO – RISOUL

Con la vittoria a Risoul Nibali inizia a ribaltare le sorti di un giro che fino a quel momento l’aveva visto un po’ defilato e in grande difficoltà. Merito dell’impresa va dato anche al gran lavoro che fa il compianto Michele Scarponi durante tutto il corso della tappa. Sfrutta la caduta di Kruijswijk e inizia a rosicchiare secondi a Chaves, che stacca negli ultimi 5 km al secondo affondo. Il giorno dopo completa l’opera a Sant’Anna Vinadio strappando la maglia rosa al colombiano.

MILANO SANREMO 2018.

Dopo dodici anni un italiano riporta in Italia una delle classiche più affascinanti e antiche del ciclismo. Indovinate chi? Il nostro Nibali, naturalmente. A 7 km dall’arrivo compie un capolavoro simile a quello di Sheffield. Arriva da solo in Via Roma, resiste agli assalti degli avversari e festeggia in lacrime una vittoria leggendaria.

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