L’auto corre veloce in autostrada.

Queste giornate di lavoro fuori sono sempre intense, stancanti.

Seduta sul lato passeggero, tengo gli occhi incollati al finestrino. Aspetto.

So che tra poco il panorama cambierà.

Poi li vedo. Gli hotel che svettano alti, e sullo sfondo le colline.

Casa mia.

Non posso fare a meno di pensarlo, mentre la nostalgia si fa strada e una morsa mi stringe lo stomaco... come sempre.

Con gli occhi della mente rivedo le strade che ho percorso mille volte. Conosco ogni dettaglio, ogni sfumatura.

Mi manca tutto: la mia palestra al secondo piano, le mattine di domenica passate lì, le amiche con cui mi allenavo.

Quante uscite mai fatte abbiamo programmato...

E il mio istruttore, chissà se quella ragazza così brava è diventata un personal trainer. Credo di sì. Lo era già allora.

Sorrido al ricordo dei nostri scambi di favori: il caffè che gli portavo all’inizio del turno, in cambio di qualche dritta sugli esercizi.

Poi, all’improvviso, sento salire la rabbia.

Tutte loro sono rimaste. Io, invece, ho dovuto andarmene.

Non è giusto.

Eppure ho lottato.

Ma alla fine ho dovuto arrendermi.

Fuori, il panorama cambia di nuovo.

Diventa piatto. Gli hotel sono lontani.

Mi giro, guardo avanti.

Sto tornando dove vivo.

In castigo.