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FemmeNoire

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FemmeNoire più di un mese fa

 

 

 I ricci sono creature affascinanti e sensibili, che cercano di proteggere la loro natura gentile attraverso la loro corazza. Quando si sentono minacciati, si raggomitolano e utilizzano gli aculei come difesa. Durante l'inverno, entrano in letargo e si raggruppano per difendersi dal freddo.

Accettano le ferite che possono derivare dal contatto ravvicinato, ma ci offrono un importante insegnamento: ci mostrano l'importanza di convivere con le peculiarità "spigolose" di alcuni caratteri, senza fermarci alle apparenze, e di relazionarci con gli altri.

Come esseri umani, a volte commettiamo errori di giudizio sulle persone, possiamo provare delusione e allontanare coloro che consideriamo "serpenti insidiosi" (e ce ne sono tanti, troppi).

Tuttavia, ogni esperienza è un'opportunità di crescita, perché ciò che rende grande l'essere umano è la capacità di apprendere e sfruttare le proprie esperienze.

 

 

 

 

 

 

 

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  Nel XXI secolo, in alcune culture, le donne si trovano in una condizione di continua dipendenza e schiavitù, costrette al silenzio, alla riservatezza e a rispettare prima il padre e poi il marito.

 

(È inaccettabile che ogni anno oltre 3 milioni di bambine africane siano costrette a subire diverse forme di mutilazione genitale, una pratica ancora presente in oltre 30 paesi nel mondo.)

 

In Paesi come il nostro i "femminicidi" rappresentano ancora un grave problema sociale.

 

Il cammino per garantire diritti e dignità a tutte le donne, nonché per combattere la violenza e le discriminazioni, appare ancora lungo e complesso.

Eliminare mentalità e culture profondamente radicate in molti paesi richiede un impegno straordinario.

Tuttavia, anche in Italia, è fondamentale avviare una ri-educazione collettiva per i nostri figli.

È essenziale educare le generazioni future al rispetto per la vita degli altri, affinché parole come possesso, sottomissione, dominio, proprietà e guerra non abbiano più ragione di esistere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Quel giorno, il maestro entrò in aula in silenzio.

Appoggiò lentamente i libri sulla cattedra, si guardò intorno… e attese.

La classe era un caos: risate, chiacchiere, telefoni nascosti sotto i banchi. Nessuno si accorse nemmeno di lui.

«Silenzio, per favore», disse con voce calma.

Nessuna reazione.

«Silenzio», ripeté, questa volta più deciso.

Ancora nulla.

Alla terza volta, il tono cambiò. Non era rabbia, non era stanchezza. Era qualcosa di diverso.

Una presenza che, lentamente, fece calare il silenzio nella stanza.

Quando finalmente ebbe l'attenzione di tutti, il maestro si alzò in piedi. Guardò ognuno negli occhi, uno per uno, e poi parlò.

Ho passato una vita tra i banchi, davanti a centinaia di volti come i vostri. E sapete cosa ho capito?

Che in ogni classe, in ogni gruppo, c’è solo un piccolo numero di studenti — pochissimi — che faranno davvero la differenza.

Parlo del 5%.

Un brusio sottile attraversò l’aula. Il maestro continuò.

Quel 5% diventerà la scintilla che accende qualcosa. Sono quelli che penseranno in grande, che avranno il coraggio di cambiare, di migliorare ciò che li circonda.

Non parlo solo di voti. Parlo di visione. Di cuore. Di impatto.

Si fermò un momento, quasi per dare tempo a quelle parole di depositarsi.

E il resto?

Il resto passa —disse senza giudizio, ma con una sincerità tagliente—. Passano gli esami, passano nella vita. Fanno il minimo, vivono con il minimo. Non lasciano tracce.

Vivono senza mai davvero svegliarsi.

Un silenzio teso scese sulla classe. Nessuno osava parlare.

Non importa il titolo che avrete: dottore, avvocato, insegnante, imprenditore…

Ogni cento persone, solo cinque faranno qualcosa che cambia davvero il mondo.

Poi fece un mezzo sorriso, malinconico.

A volte, mi chiedo chi siano, quei cinque. Vorrei saperlo subito. Ma non si può.

È la vita che lo rivela, col tempo.

Nel frattempo, io continuerò a insegnare come se ognuno di voi fosse parte di quel 5%.

Perché tra chi fa finta di ascoltare… c’è sempre qualcuno che sta ascoltando davvero.

E per quel qualcuno, vale la pena dare tutto.

Un lungo silenzio seguì. Ma non era più vuoto: era pieno di pensieri, di domande, di qualcosa che si muoveva dentro.

 

 

 

Scuola – L'applicazione di leggi per la tutela della persona prevede arresti e anni di reclusione per genitori e studenti che aggrediscono e picchiano insegnanti, dirigenti scolastici ed educatori. Negli ultimi mesi, si registra una deprecabile escalation di episodi di minaccia, aggressioni e atti persecutori ai danni del personale scolastico (come avviene in quello sanitario). La cronaca, a questo riguardo, è “vergognosa”.

Non restringo il discorso alla sfera scolastica e non è questa la sede per analizzare le ragioni sociali  alla base di tutto questo, ma mi chiedo perché andare al lavoro debba essere percepito come un'esperienza da affrontare con timore,come se si andasse in trincea.

Quando si smette di comunicare e si ricorre alla violenza, qualcosa (forse più di qualcosa) non funziona. È grave!

 

 

 

 

 

 

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  Avete presente quegli aggettivi che gli altri scelgono per descriverci? Sono le etichette.

Il mondo, in generale, ha una certa tendenza a etichettare, e a volte in modo piuttosto deleterio, vedi il “bullismo”.

Riflettendo su questo dall'infanzia all'età adulta, quante etichette positive e negative mi sono state appiccicate addosso, senza che io lo volessi; a tessere questa complessa trama hanno contribuito tante persone che amo e anche alcune appena conosciute. Insieme, hanno scritto una storia diversa da quella che avrei voluto raccontare per me stessa.

Ho sempre creduto che chi mi guardava dall'esterno avesse una visione più chiara di me. Questa versione di me sembrava più credibile della mia, e alla fine, ci ho creduto: ho interiorizzato e adottato certi ruoli come se fossero miei, anche se in realtà avevano poco o nulla a che fare con la verità.

In alcune situazioni, critiche o aggettivi, non posso negare che mi siano stati utili, ma nella maggior parte dei casi si sono limitati a incasellarmi in modo superficiale (ora lo capisco bene). Ogni etichetta, indipendentemente dalla sua veridicità, ha aggiunto un piccolo pezzo alle storie che, nel tempo, ho continuato a raccontarmi.

Riesci a immaginare com'è vivere seguendo un copione?

Magari è un copione che ti piace o che ti risulta comodo, ma che in fondo non ti appartiene affatto. Sono certa di sì; è molto probabile che anche tu abbia vissuto qualcosa di simile.

Tutto questo inizia a starmi un po' stretto!

Dipendere dalla generosità e dagli occhi di chi ci giudica?

Ma anche no...

Liberarmi di tutte le etichette che mi sono state affibbiate non è semplice, ma un ottimo punto di partenza per riscrivere la mia storia è riflettere su chi sono, sui miei valori e sulle mie emozioni più autentiche.

Così, ho tracciato una linea nera e scriverò un nuova versione di me,  e non sarà influenzata da nessuno, sarà solo la mia individualità.

                     Nessuna proiezione esterna.

 

 

 

 

 

 

 

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