I FRESCHI DI STAMPA
Il fascismo prossimo venturo
Ammetto che all’inizio ci avevo creduto anch’io, tanto accorato era stato e continuava ad essere l’allarme lanciato incessantemente dai partiti dell’attuale opposizione, da intellettuali ed autorevoli “penne” del giornalismo di sinistra nonchè da larghi strati della società civile di area progressista: il regime della Meloni stava arrivando alla fatidica svolta, senza nemmeno dover fare la fatica di organizzare una nuova marcia su Roma. Stavano per tornare le leggi fascistissime e con esse anche “l’Aula sorda e grigia”.
Sì, all’inizio il sottoscritto, da sempre elettore della sinistra riformista, si era quasi convinto che l’ennesimo parto della mente ferace del Ministro della Giustizia Nordio, il cd. Decreto sicurezza, avrebbe dato il definitivo via libera al ritorno di fez, olio di ricino, camicie nere, salto staraciano del cerchio infuocato ed eia eia alalà. Evidentemente pentito di aver patrocinato una legge demenziale come quella del preavviso telefonico di polizia agli arrestati, ho pensato che stavolta l’attuale inquilino di Via Arenula, indossato elmetto e mimetica, voleva farsi perdonare l’inciampo con una nuova creatura di segno diametralmente opposto, ossia il famigerato D.L. 11 aprile 2025, n. 48, un provvedimento contro il quale per settimane, marce di protesta studentesche a parte, abbiamo ascoltato i pianti e gli alti lai di tutti gli esponenti dell’opposizione parlamentare .
Alla fine, comunque, non c’è stato nulla da fare: al consueto grido “io sono io e voi non siete un c.” il governo Meloni a tappe forzate il giorno 9 di questo mese ha convertito in Legge il raccapricciante provvedimento, prima, vera pietra posta sull’opera di restauro della Casa del Fascio e di tutto il ciarpame totalitario del Ventennio.
Questa però è la narrazione del lato sinistro del Parlamento italiano, perché la maggioranza dell’opinione pubblica, stando agli ultimi sondaggi e ai risultati referendari di due settimane fa, ha continuato imperterrita a sostenere l’opera dell’attuale esecutivo.
Domanda: è la sinistra che esagera o è l’opinione pubblica che sogna il ritorno dei del confino e dell’olio di ricino? Né l’una e né l’altra e per capirlo basta andarsi a leggere le novità introdotte dal Decreto nel Codice penale.
Il D.L. introduce innanzitutto nel citato corpus normativo un art. 270 quinquies 3 la cui rubrica recita: Detenzione di materiale con finalità di terrorismo, norma che di certo non si può definire sintomatica di uzzoli reazionari da parte del Legislatore, Così come non si può definire parto di menti ansiose di manganello l’introduzione di un secondo comma all’ art. 435 c.p. (Fabbricazione o detenzione di materie esplodenti), che punisce con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chiunque, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza istruzioni sulla preparazione o sull'uso delle materie e delle sostanze esplodenti.
E’ importante la sottolineatura della pena edittale contemplata dall’articolo in argomento perché, per il nostro ordinamento, in questo come in altri casi previsti dal D.L. in questione, i responsabili la galera non la vedranno neppure con il telescopio satellitare: quando la pena detentiva inflitta (anche come residuo di una pena maggiore) non supera i 4 anni, entrano infatti in gioco le cd. misure alternative alla detenzione (affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare, semilibertà e liberazione anticipata), con l’unico onere per il condannato di richiederle entro 30 giorni dalla sentenza definitiva.
Ma andiamo avanti e passiamo ad un enunciato normativo di nuovo conio e tra i più contestati da chi ha avvertito un forte odore di autoritarismo nell’impianto del D.L., ossia l’articolo 634 bis c.p. che punisce l’occupazione arbitraria di un immobile destinato a domicilio altrui.
Orbene, se il nostro occhio si fermasse alla lettura della rubrica, visti i tanti casi di occupazione di abitazioni da parte di famiglie indigenti, si potrebbe anche parlare di possibile accanimento giudiziario contro le povertà, ma leggendo il testo si scopre che la disposizione legislativa punisce con la reclusione da 2 a 7 anni solo chi, usando violenza o minaccia, occupa o detiene senza titolo un immobile destinato a domicilio altrui o le sue pertinenze, ovvero impedisce il rientro nell’ immobile del proprietario o di chi che lo detiene legittimamente.
Ma violenza e minaccia sono metodi che le famiglie indigenti usano in rarissimi casi, in primis perché composte da persone povere ma perbene e secondariamente perché esse occupano quasi sempre case vuote appartenenti agli IACP (Istituti Autonomi Case Popolari) o alle ATER (Aziende Territoriali per l'Edilizia Residenziale). Molto più comune, invece, è l’occupazione di case regolarmente abitate dal proprietario o dal detentore da parte di autentici delinquenti.
L’articolo punisce poi con la medesima pena anche chi si appropria di un immobile (o delle sue pertinenze) destinato a domicilio altrui con artifizi o raggiri (anche questi metodi che non appartengono di solito al patrimonio valoriale della povertà perbene) e chiunque, pur non concorrendo nel reato, si intromette o coopera all’occupazione o riceve o corrisponde per l’occupazione denaro o altra utilità.
In chiusura, la regola di legge introduce infine due importanti precetti: la procedibilità a querela del reato (tranne nel caso di fatto commesso nei confronti di persona incapace per età o infermità) e la non punibilità dell'occupante che ottemperi volontariamente all'ordine di sgombero dell'immobile.
Saltiamo ora qualche passaggio di scarso interesse ai nostri fini e andiamo all’ l’articolo 635 del Codice penale, norma che punisce il reato di danneggiamento e nella quale la riforma ha introdotto un secondo comma che prevede la reclusione da 1 a 5 anni per chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico La pena è invece della reclusione da 1 anno e 6 mesi a 5 anni e della multa fino a 15.000 euro se i fatti sono commessi con violenza alla persona o minaccia.
Inutile ricordare che anche questo articolo è stato tacciato come liberticida dall’universo progressista italiano, con l’eccezione forse da quei progressisti che si sono visti l’automobile, la saracinesca, i vetri delle finestre o del negozio, e via discorrendo, vandalizzati nel corso di pregresse manifestazioni di protesta…
Pure con riferimento a questa ipotesi di reato, possono inoltre entrare in gioco le misure alternative sopra descritte, una volta che il condannato abbia scontato l’ipotetico (e molto poco probabile) primo anno di una condanna alla pena massima di cinque.
Due disposizioni che invece potrebbero essere bollate astrattamente di cattivismo legislativo son quelle degli articoli 146 e 147 del codice penale, sui quali la riforma invece di aggiungere o modificare, tagliaerbe alla mano ha espunto dal primo articolo le parti che prevedevano l’obbligo del differimento della pena per le donne incinte o per le madri di figli di età inferiore ad un anno, rendendolo facoltativo nel secondo in caso di una pena restrittiva della libertà personale da eseguirsi nei confronti di donna incinta o madre di prole di età inferiore ad 1 anno o superiore a a 1 anno e inferiore a 3 .
L’ultimo comma dell’art. 147, anch’esso di nuovo conio, prevede tuttavia che l'esecuzione della pena non può essere differita se dal rinvio derivi un pericolo eccezionale di commissione di ulteriori delitti. In ogni caso, è sempre però possibile disporre la sua esecuzione facoltativa presso un istituto a custodia attenuata,
Commento a margine: l’inasprimento del trattamento detentivo delle condannate in dolce attesa o con prole in tenera età non avrebbe alcun senso e sarebbe da ritenere espressione di puro e semplice accanimento manettaro se non esistesse da anni in Italia il grave fenomeno di donne incinte, in genere di etnia rom o sinti, dedite, in maniera quasi professionale, alle attività di borseggio all’interno del mezzi di trasporto pubblici, in primis le metropolitane (per una conferma, chiedere agli utenti della Città Eterna). Borseggiatrici che, per provare a non scontare quasi mai la condanna, si fanno nuovamente ingravidare dopo ogni parto e che ultimamente, per poter portare a temine senza tante difficoltà i loro “colpi”, hanno preso anche l’abitudine di usare contro i passeggeri gli spray al peperoncino, strumenti nati (ironia del caso) proprio per difendere le vittime da eventuali aggressioni e diventati invece ulteriori strumenti a disposizione della criminalità.
Un altro articolo su cui ha “messo le mani”, riformandolo totalmente, il legislatore del 2025 e sul quale – sempre parere personale – pur avendolo letto e riletto, non trovo nulla di neppur lontanamente simile alla legislazione penale fascista (cancellata, dopo la Liberazione, dalla Consulta), è l’articolo 600 octies , che ora punisce con la reclusione da 1 a 5 anni chiunque si avvalga, per mendicare, di un persona minore degli anni 16 o, comunque, non imputabile, oppure permetta che la predetta persona mendichi, qualora sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, o che altri se ne avvalgano per mendicare Sono viceversa punite con la reclusione da 2 a 6 anni le attività di induzione all’accattonaggio e di organizzazione o avvalimento dell’accattonaggio altrui, così come quella di favorirla a fini di profitto, con pena aumentata da 1/3 alla metà se il fatto è commesso con violenza o minaccia o nei confronti di soggetto minore di anni 16 o comunque non imputabile.
Valgono anche in questo caso le osservazioni precedentemente espresse sulla possibilità data a colui che è condannato al massimo della pena di poter accedere alle misure alternative una volta scontati uno o due anni di reclusione.
Continuando ad andare avanti nel compulsare rapidamente i contenuti del D.L. 48, mentre la novella operata sull’ art. 336 c.p. (Violenza o minaccia a pubblico ufficiale), si è limitata ad introdurre alla disposizione un 4° comma che aggrava le pene per chi commette tale reato nei confronti di ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria, ben più ampie sono state invece le modifiche apportate all’articolo 639 del c.p. ,che punisce il Deturpamento e l’imbrattamento di cose altrui
Qui il D.L. 48, introducendo due nuovi commi (il secondo ed il terzo), prevede ora la pena della reclusione da 1 a 6 mesi o della multa da 300 a 1.000 € se il deturpamento o l’imbrattamento è commesso su beni immobili , su mezzi di trasporto pubblici o privati, su teche, custodie e altre strutture adibite all'esposizione, protezione e conservazione di beni culturali esposti in musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto pubblico; quando invece il fatto è commesso su beni mobili o immobili adibiti all'esercizio di funzioni pubbliche e con la finalità di leder e l'onore, il prestigio o il decoro dell'istituzione proprietaria del bene, si applicano la reclusione da sei mesi a un anno e sei mesi e la multa da 1.000 a 3.000 euro. Essa poi sale a 3 mesi e 2 anni, con multa fino a 10.000 € e a 6 mesi e 3 anni , con multa fino a 12.000 €, in varie ipotesi di recidiva.
A prescindere dalla evidente “bagatellarità” delle pene restrittive comminate per questo reato, quantunque compensate dall’importo salato delle multe previste per i casi più gravi e per le recidive (ma multe e ammenda da sempre sono “il convitato di pietra” del Codice penale: tutti le conoscono, nessuno le ha mai viste…), io non credo che un normale cittadino, che sia di dx o di sx, abbia mai apprezzato, per quanto giusta fosse la protesta, il deturpamento o l’imbrattamento di beni pubblici o privati, mobili o immobili che siano.
Nella vera e propria rivolta popolare, inammissibile in realtà geopolitiche di rito democratico, pienamente giustificata nelle tirannie, che la furia dei rivoltosi investa anche simboli, monumenti, edifici, opere pubbliche ecc. è purtroppo un fatto quasi consustanziale alla natura stessa dell’evento. Nella normale protesta no, questi teppismi non sono mai giustificati, a prescindere dalla nobiltà delle sue ragioni. E meno che mai, poi, essi si possono giustificare quando vengono compiuti per puro e imbecille diletto notturno di bischeri in libera uscita, come i muri del piano terra di tanti edifici italiani o delle fiancate dei treni stanno a dimostrare.
L’ultima novità legislativa “in odor di orbace” che è rimasta da analizzare è quella introdotta dal D.L. del Ministro Nordio in materia di blocchi stradali o ferroviari, condotta questa disciplinata in diversi articoli del C.d..S. e che è passata da semplice illecito amministrativo a delitto punito con la reclusione fino ad 1 mese o con la multa fino a 300 € oppure con la reclusione da 6 mesi a 2 anni quando al blocco partecipano più soggetti.
Premesso che è difficile concepire un blocco, stradale o meno che sia, operato da un singolo soggetto (per ovvi timori alla propria incolumità), appare chiaro che è questo, nella parte riferita alla protesta di più persone, un precetto ispirato dal recente fenomeno delle manifestazioni ambientaliste, i cui aderenti esprimono in modo passivo il loro disappunto verso la carenza o l’inadeguatezza delle politiche sull’ambiente, causando tuttavia grossi disagi ai cittadini vittime del loro pur sacrosanto malcontento.
Qui, se di fascista c’è poco o nulla, come negli altri casi (sempre parere personale), di inopportuno però c’è parecchio. Se n’è accorto anche il Segretario Gen.le del SIULP CGIL, il secondo maggior Sindacato delle forze di Polizia, il quale ha definito di recente la riforma "sproporzionata e impropria", in quanto, oltre a limitare il diritto di manifestare pacificamente, rischia anche di creare una grave frattura tra le istituzioni e la società civile, specie nei casi in cui a protestare sono, ad esempio, operai che rischiano il proprio posto di lavoro.
Tirate le somme, basterebbe paragonare il contenuto di questo D.L. con le norme varate - che so - da Orban in Ungheria, per vederne la distanza ancora abissale. Non parliamo poi – ribadisco - della legislazione penale fascista.
Qualcuno potrebbe obiettare che il progetto di una svolta autocratica nel Paese questo esecutivo forse la sta portando avanti seguendo la politica dei piccoli passi. Francamente però a me pare che al modus operandi di questo governo si addica più il passo dell’elefante in cristalleria che quello felpato dei felini e quindi li vedo poco strutturati per esser capaci di elaborare progetti dagli esiti a lunga scadenza. Da sempre i metodi operativi della destra nazionale sono uno spigliato - e spesso anche scapestrato - decisionismo, il ripudio delle soluzioni complesse e del diavolo che s’annida nei dettagli o il varo di norme affette da bizantinismo e oscura comprensione (ma questo in astratto sarebbe un merito, vista la ormai trentennale involuzione e prolissità del linguaggio giuridico nazionale). Velocità, sintesi e chiarezza, eredità del decisionismo sinottico e brutale del Duce, trovano pertanto tuttora posto dentro l’armadio ideologico della destra italiana e nessuno sembra aver intenzione di spostarli altrove.
No, quello che sta facendo l’attuale governo è una mera e continua riaffermazione della solidità del potere che gli hanno conferito gli italiani. Piaccia o non piaccia ciò che fa alla Carta costituzionale, alla decenza, ai giornali e all’intellighentia progressista, a Mattarella o a chi sa chi. Per quanto concerne le norme penali varate con il D.L 48, sia quelle nuove di zecca così come quelle che hanno modificato o integrato norme preesistenti, l’unica finalità che si intuisce dall’impianto complessivo della legge appare più dissuasoria che autocratica e punitiva (trovo maggiormente pericoloso, da questo punto di vista, il progetto di legge sul Premierato...).
Dissuasoria non tanto per la possibilità concreta di far finire in galera chi ne trasgredisce i precetti, quanto per la “macchiata delle carte” dei suddetti, almeno con riferimento a quei reati commessi in genere da studenti o semplici cittadini, ossia da gente normale che non avrebbe più il Casellario intonso come prima qualora incappasse tra le maglie della giustizia, con tutte le conseguenti ricadute negative del caso (per assunzioni, concorsi pubblici, rilascio di licenze di Polizia, sia commerciali, come l’apertura di luoghi di svago, che “civili”, come il porto d’armi, la detenzione d’armi ecc.). Le sanzioni amministrative ex L. 689 del 1981 e Codice della Strada, infatti, al contrario delle sanzioni pecuniarie penali, non lasciano tracce e fan male solo alla tasca. Le multe o le ammende non pagate (ossia la maggior parte...) invece fan male anche all’onorabilità, almeno di coloro che ci tengono o che hanno la necessità che la propria non venga intaccata, oltre ad essere ostative al rilascio di un passaporto.
In combinato-disposto con l’intento dissuasorio, nella riforma di Nordio si avverte anche il bisogno muscolare, sempre presente nelle pose del politico di destra, del “ruggito” rassicurante verso i propri elettori.
Nondimeno, come ho già scritto, ritengo che il “battesimo” di alcuni di questi ennesimi aggiornamenti del nostro povero c.p. (preda da tempo di continui e scomposti "assalti alla diligenza" da parte della politica) fosse giusto e necessario nonché per nulla indirizzato a colpire la povertà ma casomai a tutelare proprio i soggetti più fragili ed esposti della comunità nazionale.
La sinistra odierna, tuttora “malata”, in materia di sicurezza, di sessantottismo libertario, non li avrebbe mai proposti e men che mai approvati, a parte forse alcuni dinosauri del vecchio PCI, ossia di un partito che, pur con tutti i suoi difetti, sulla sicurezza dei cittadini, sulla lotta alla criminalità e sul decoro urbano era altrettanto fermo tanto quanto lo era sui diritti dei lavoratori.
La destra italiana dal caso suo, però, ha sempre avuto e continua ad avere l'imperdonabile difetto di non voler usare mai la clava contro i reati commessi dalla malvivenza che veste Armani...