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eros_in_fabula 27 novembre

 Di Anna mi aveva incuriosito il nick, una geniale fusione tra inglese e latino, dal doppio significato (non posso rivelarlo qui per ragioni di privacy). La contattai, era di una provincia limitrofa alla mia e questo mi forniva sufficienti argomenti per avviare una conversazione scherzosa, essendo un buon conoscitore della sua zona. Seppi da lei che aveva 52 anni, era divorziata, con due figli, e insegnava in un liceo.

Dopo il divorzio aveva avuto un paio di storie con uomini della città in cui insegnava, poi nient'altro.

Andammo avanti a scriverci su messenger per qualche settimana, tra facezie e doppi sensi, senza però mai scadere nella banalità o nella volgarità.

Si affrontavano anche argomenti seri, e quasi sempre ci si trovava d'accordo. Poi, non ricordo perché, la nostra corrispondenza si interruppe. Fui io a non scriverle più, forse perché nel frattempo erano migliorati i rapporti con una mia ex che stavo tentando di riconquistare, non ricordo bene.

Dopo l'interruzione la ricontattai e la trovai per nulla offesa, anzi, ancora più disponibile di prima, dal che dedussi che le ero mancato.

Avevo visto Anna solo in una foto scattata durante un suo viaggio in nord Europa. Stava sulla coperta di una nave, appoggiata al parapetto, con il vento che le scompigliava un ciuffo di capelli lisci e biondi, sfuggito al nastro che li raccoglieva dietro la nuca. Il viso era quello di una donna comune, senza dettagli particolarmente attraenti o sgradevoli. Il viso tranquillo e un po' malinconico di una madre di famiglia, così come era sobrio il suo abbigliamento, che nella foto si riduceva a un pesante cappotto nero sotto il quale premeva prepotentemente un seno procace.

I rapporti con la mia ex non davano segni di miglioramento, sicché decisi di prendermi le mie libertà. Chiesi ad Anna di incontrarla. Lei non disse di no, anche se manifestò le sue preoccupazioni, perché non le era ancora mai capitato di incontrare qualcuno conosciuto in internet. Le suggerii io stesso di vederci in un luogo che fosse abbastanza affollato, e mi resi disponibile per raggiungerla dalle sue parti. Lei invece preferì venire da me, mi disse che le piaceva la zona in cui vivevo e una gita in macchina l'avrebbe fatta volentieri. Fissammo l'appuntamento assecondando la sua agenda, fu stabilito un giorno feriale, sarebbe venuta di pomeriggio, appena liberatasi dagli impegni scolastici. Il luogo scelto per l'incontro era una piazzola di sosta lungo la statale che collegava i nostri due paesi.

A quel tempo possedevo una casetta di campagna, tutta in pietra, invidia dei passanti per la sua caratteristica bellezza. Ne avevo appena completato il restauro e l'avevo anche arredata, sebbene risultasse ancora un po' disadorna. Non v'erano quadri alle pareti, soprammobili, piante ornamentali e tutto ciò che rende l'idea di una casa vissuta. Perfino i letti erano sprovvisti di lenzuola, così come il bagno lo era degli asciugamani. Pensai di dover provvedere almeno alla biancheria: “Perché non si sa mai, mi dissi”. E così, al mattino, mi recai presso un negozio di articoli per la casa. Comprai lenzuola e asciugamani di primissima qualità, quindi tornai alla mia casetta di campagna. Appesi gli asciugamani in bagno e preparai il letto con le lenzuola nuove di zecca, purtroppo non avevo il tempo di lavarle e asciugarle per eliminare quell'odore di appretto che si era sprigionato appena aperti i pacchi di cellophane . “Pazienza”, mi dissi. “Tanto, non credo proprio che serviranno”. Poi andai in pasticceria e comprai dei pasticcini alla pasta di mandorle con amarena, di cui conoscevo già la bontà, quindi al supermercato presi una bottiglietta di Recioto della Valpolicella. Anche quelle prelibatezze, come le lenzuola, sembravano destinate a rimanere intatte, perché un dopo cena a casa mia non era previsto. Anna veniva da me per una serata al ristorante, una bella chiacchierata, bacetto e ritorno a casa. Oltretutto lei aveva anche un bel pezzo di strada da fare al ritorno.

Finalmente giunse l'ora dell'incontro. La chiamai al telefono, le mancava poco all'arrivo. Mi descrisse la sua automobile, un modello coupé di una marca straniera che non avrei potuto confondere con altre, dato che dalle mie parti ne circolavano sì e no un paio. La vidi sbucare dall'ultima curva, ero un pochino emozionato, non avvicinavo una donna da un anno, con la mia ex avevo avuto per lo più colloqui a distanza, e comunque incontrare un'amica di chat per la prima volta è sempre un tuffo al cuore.

Parcheggiò, le aprii la portiera. Ci salutammo con un bacio sulla guancia, poi ci staccammo, come a volerci esaminare a vicenda. Beh, mi vidi davanti una perfetta sconosciuta, nulla o molto poco a che vedere con la persona vista in foto. La tranquilla madre di famiglia, acqua e sapone, si era trasformata in una donna che aveva usato tutte le armi di seduzione offerte dalla cosmetica. I capelli insignificanti della foto erano diventati mossi e voluminosi, la pelle aveva preso colore con leggere spolverate di fard, pennellate di mascara avevano annerito le ciglia mettendo in risalto gli occhi chiari. Il pesante cappotto nero era diventato uno spolverino rosa, appena più lungo dell'abito a fiori sottostante, piuttosto scollato, che non arrivava a coprire le ginocchia. Le gambe non le avevo ancora mai viste, neanche in foto. Non erano perfette, robuste anziché no, ma ben modellate. Il seno, liberatosi dal peso oppressivo del cappottone nero, danzava allegramente agitando le pietre di una collana lunga e pesante.

Ero sorpreso, avrei preferito riceverla in versione acqua e sapone, come da foto. Cavolo, era un po' troppo appariscente! Mi sarei trovato perfino in leggero imbarazzo dovendola presentare a qualche conoscente eventualmente incontrato (come era probabile che accadesse) al ristorante. Io poi ero vestito al mio solito modo, in jeans, pullover e giubbetto primaverile, non eravamo certo assortiti al meglio!

Sorrise, mettendo in mostra denti appena un po' sporgenti, uno di quei difettucci che possono rendere una donna più sexy, e questo era il suo caso. Sorrise, come a voler nascondere l'imbarazzo che fingeva di provare mentre mi confessava di avere urgentemente bisogno della disponibilità di un bagno.

“Non ci sarebbe un bar, qui vicino?” mi chiese.

Sì che c'era, il bar, ma io mica ero così sprovveduto da accompagnarla lì!

“No, di bar qui vicino non ce ne sono, e poi, scusa, perché dovrei accompagnarti in un bar, quando a due passi da qui c'è casa mia?”

“La tua famosa casetta di pietra tanto carina?”, glie l’avevo mostrata in foto.

“Sì, eri curiosa di visitarla, no?”

“Ok, però solo il tempo di vederla e di approfittare dei tuoi servizi”

“Allora perché non mi segui in macchina, così poi la lasci là?”

“Buona idea”, disse, e ci avviammo verso casa mia.

Dopo pochi minuti le aprivo il portone e le indicavo il bagno, quello del piano di sopra, dove avevo appeso gli asciugamani. Quando ebbe finito le mostrai, sempre al piano di sopra, la cameretta e la camera da letto.

“Ma è tutto nuovissimo! Non ci hai mai dormito, qui?”

“No, pensa che le lenzuola le ho comprate proprio stamattina”.

“Ehm, ma come mai proprio stamattina sei andate a comprarle?” Mi chiese con un sorriso malizioso.

“Prima o poi dovevo comprarle, no? Ci tenevo a farti trovare una casa accogliente”

“Uhm, senta un po', giovanotto”, mi fece con un finto tono severo, da professoressa, “non si sarà mica fatto strani programmi, per la serata? Le ricordo che mi ha invitata a cena, e non qui, ma al ristorante!”

“Certo, certo”, le risposi, “ma è ancora presto, e non le ho fatto ancora vedere il salotto, la cucina”, risposi dandole anch'io del lei.

Tornammo al piano terra, le mostrai la cucina e finalmente approdammo in salotto. Non c'era televisore, non c'era nulla che potesse distoglierci dal dialogo con cui intendevo incalzarla per condurla sull'argomento che più mi premeva.

Si accomodò sul divano e io la seguii sedendo al suo fianco.

 

“Beh, perché non ti sei seduto sulla poltrona?”, mi chiese.

“Il divano è più comodo”, le risposi avvicinandomi a lei ancora di più.

“Per parlare non è meglio stare uno di fronte all'altro?”

“Per parlare sì”.

“E noi quello dobbiamo fare: parlare”.

“No, io ti devo ghermire”.

“Che devi fare, tu?”

“Ghermirti”

Scoppiò in una risata.

“Ma come ti vengono in mente?” disse. “Se avessi un allievo come te , così ricercato nell'uso delle parole, gli metterei dieci e gli darei pure un bacio in fronte”. “Comunque tu non ghermisci un bel niente”, aggiunse.

“E a me perché non lo dai, un bacio?”

“Giovanotto”, disse riprendendo il finto tono professorale, “lei forse ha bisogno di una doccia fredda”.

Mi avvicinai ancora un po', e lei indietreggiò, fino al bracciolo del divano.

“Ma insomma, stia al suo posto!”, esclamò.

Fingeva di arrabbiarsi, ma il sorriso la tradiva. Avevo capito che la situazione la stuzzicava, doveva solo trovare il coraggio per lasciarsi andare, era solo questione di tempo. Guardò l'orologio, forse sperando che fosse ora di andare a cena, o forse sperando il contrario, chissà, ma intanto le ero già addosso, la baciavo su una guancia. Lei fece per alzarsi ma io, prontamente, le cinsi il braccio intorno al grembo e la trattenni sul divano.

“Ti prego, ci conosciamo da appena un quarto d'ora! Non avere fretta, dai!” disse.

 

 

(Qui segue una parte con descrizioni esplicite che ho ritenuto opportuno censurare, ma potete ottenere il racconto completo scrivendomi in privato)

 

Ci rilassammo un po', andai giù a prendere i pasticcini e il vino, che avevo nascosto in un pensile della cucina.

“Ah, ma allora era tutto premeditato!”, esclamò quando le porsi quelle bontà.

“Sono un uomo previdente”, risposi.

 

(Altro passaggio censurato, più breve dell'altro)

 

Guardò l'orologio, era quasi mezzanotte, e aveva ben più di un'ora di macchina da fare, per tornare a casa.

Si avviò verso la doccia, la guardai mentre nuda vagava per la stanza: non aveva il fisico perfetto e giovanile della mia ex, ma forse la trovavo ancora più attraente sotto l'aspetto sessuale.

Aspettando che uscisse dal bagno mi affacciai alla finestra. Pioveva, una dolce pioggia di primavera. Pensai alla mia ex, per un attimo mi sentii in colpa, come se l'avessi tradita. Poi Anna uscì dal bagno e mi distolse da quei pensieri. Era avvolta fino al seno nel lenzuolo da bagno, e un altro asciugamani lo teneva avviluppato intorno alla testa, come un turbante.

Avrei ricominciato, anche lei lo avrebbe voluto, ma i figli la aspettavano, sebbene fossero stati avvisati del rientro a tarda ora.

La accompagnai all’automobile. Ci scambiammo ancora un bacio, con lei dentro l'abitacolo e io fuori, incurante della pioggia.

“Arrivederci”, mi disse, col motore già acceso. “Piacere di averla conosciuta”, aggiunse con un sorriso malizioso.

“Piacere tutto mio”, le risposi. Dopo pochi secondi la vidi scomparire nella nebbiolina che avvolgeva le colline.

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Mi diletto a scrivere racconti, qui provo a pubblicarne qualcuno in versione censurata. Le persone interessate a leggerli nella versione integrale corredata da immagini possono contattarmi in messaggeria.

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