Libero

daunfiore

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daunfiore più di un mese fa

Perché per dire alcune cose devi avere la sensazione che nessuno ti ascolti. E la tua voce sia un filo, tra te e la tua anima. Il gomitolo ingombrante che ci devasta e ci pulsa in petto. Davanti ad uno specchio immaginario, come nell’occhio di un pozzo qualunque, ti sporgi e raccogli la tua scia. Bava di luna. Intorno ad un rocchetto. Forse un’isola. Quella che non c’è. Ti strucchi e resti nuda, con la tua pelle, e le tue vene. E la luce triste dei tuoi occhi. Resti a contemplarne la fragilità, e tutta quella di cui sei fatta; tutta la voglia che hai avuto di nasconderla, come se il tuo riserbo fosse la tenda sottile e svolazzante della tua anima. E se inizi a contare, perdi sempre l’ultima cifra, e ricominci. 

Uno…

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daunfiore più di un mese fa

Mi sono svegliata e il mondo non aveva smesso di funzionare. Un coltello conficcato nel cuore di una mela. Volevi mostrarmi come fosse facile. E io ho sentito la sua lama affondare nella polpa e la mela divaricarsi in spicchi. Oscillavano. In frammenti di tempo. Intervalli tra un pensiero e l'altro.Dove erano le tue mani? E le mie? Avevo smesso di imbrattare quello che leggevo con la mente. Lo lasciavo scendere dentro di me. Come in un imbuto. E restava sempre poco. Alla fine pesiamo sempre tutto. Non siamo capaci di scindere il bene dal pco e dal troppo. Mi è bastato chiudere gli occhi e pensare a quanta luce fosse necessaria. Era troppa. Una orchidea mi ha sorriso. L'ho -intra-vista tra le ciglia. Come se fosse stata in una gabbia. E i miei occhi una finestra. Poi è scomparsa, divorata dal ritorno, o forse da un pensiero. Mentre spingevo gli occhi nel buio. In un buio liquido, dove prima o poi un pesce mi salverà. "Salvami pesce, io sono una mollica. Una piccola e povera mollica tra le altre. Una mollica supplice". Mi sono svegliata e nessuna aveva cambiato il posto delle cose. Il cielo era nel ripiano superiore. L'inferno nello scantinato. E sotto le mie unghie. Detriti di vita. Ho stretto e incontrato un fiume di mani. Erano infinite. Ne cerco le tracce sul mio palmo asciutto e liscio. Solo le mie linee si fanno strada sulla mia pelle. La rete del ragno, chiamata destino. Il nome inverso della volontà. Mi perdo in una nudità sincera e spietata. Il mondo non si è spento. Gli uccelli cinguettano. Forse nessuno li ha avvisati. L'ho detto al mio gatto e mi ha sorriso compiaciuto, sospeso sui suoi baffi. E io sui miei tacchi.
Non avevo mai pensato a quanto fosse immobile la gioia.
Il corpo sa sempre già tutto.
Ma io non so ascoltarlo.
Sono pensieri che si agitano dentro la carne.
Sono il fodero di carne che avvolge i miei pensieri.
E poi divento un nulla pulsante.
Quasi una cartolina mai spedita.
Da qualche parte stai guardando altri occhi.
Forse ci scoperai dentro un pò di vita.
Non sono gelosa di quello.
Ma delle tue ore.
Come quando ti osservo mentre ti perdi in altri pensieri.
Ci giochi e li ammicchi.
E io urto contro il bordo della fotografia.
Adesso ho un livido che mi ricorda che non avevo posto.

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daunfiore più di un mese fa
 

Una pila di tentativi mi sorride. Traballa e si ricompone. E io la guardo come una gatta, che sente le unghie ritratte e spia la luna. L’ho fatto. E lo confesso. Lo sussurro, adesso. E mi flagello. Fino a sentire le fitte, righe, figlie di petali e di spine. Fino a mescolarle alle mie vene. Io amo le parole. Sono foglie. Mi piace stanarle. Come nella terra. Mi piace il loro suono, ordinato e composto. Gli incastri di parole. Cariche di vita. Fiori di lettere che sbocciano dalla mente e che le dita stanno secernendo. Come se fossi una donna albero. E i miei pensieri radici di alberi nel bosco della intimità più profonda e religiosa. E di delirio in delirio mi sono plasmata. E adesso ho solo bisogno di una pensiero concreto. Di un tozzo di pane e di volizione. Per lasciare sprofondare quei tentativi nelle viscere della terra. E sentirmi libera, come solo uno strappo può fare.

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daunfiore più di un mese fa

Siamo tutti meravigliosamente fungibili. Adoro le menti che si aprono. Senza che i limiti si traducano in abitudini e giudizi. A volte conoscere gli altri è un piccolo salto nel vuoto. Chiudere gli occhi e schiudersi su mondi inespressi richiede coraggio. Ogni contatto è un dono, un modo di arricchirci, anche solo per lasciarci un piccolo graffio, come promemoria. O per donarci nuovi e più profondi respiri, oltre ogni banale convenzione. Siamo viandanti senza direzione e gli altri occasioni meravigliose. Anche se fungibili. Perché dentro di noi ci siamo solo noi.

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daunfiore più di un mese fa

"Perché guardi sempre gli stessi films?"

"Perché mi piace conoscerne il finale!"

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daunfiore più di un mese fa

Per tutte le volte che mi sono resa ridicola e la mia gonna è rimasta strappata dentro circuiti di viole e spine. Dentro il suono di un violino. Per quelle volte in cui ho desiderato solo che continuinasse, fino a sentire i graffi alle caviglie. E di resistere. E di lasciarmi scivolare l'aria sul collo. Rossa. La macchia che mi divorava. E all'improvviso mi riempiva la mente. Era rossa. Disperatamente rossa. E io ci fremevo dentro. Come quando non sai smettere di tremare. E quella sabbia rossa ti entra. Dentro. A fondo. E tu anneghi dentro la tua carne e sprofondi tra le tue vene, come dentro una voragine. Fino a raggiungere una specie di deserto segreto. In un pugno. Stretto là, dentro quelle dita. Senza essere un segreto. Quella nuvola rossa e densa confonde, smeriglia, dilata. E tu non sai più contare. E non conti neanche più. Ho sognato di contarti sulla bocca. E tu contavi contro la mia. Ma sbagliavamo e ci impigliavamo. E non sapevamo ricominciare. Avevo troppa voglia di baciarti. Ma non riuscivo a smettere di parlarti addosso. Sui denti. Tra le nostre lingue. E tra parlare e vivere sceglievo le parole. E ti mangiavo, parola su parola, respiro dentro respiro. E le mie parole ti scendevano sul collo, mentre mi ansimavi dentro. Come se io fossi stata una caverna. Io non sapevo cosa dirti, solo che ti volevo, ancora e sempre, e sempre di più. Ed era bellissimo. Ed era tristissimo. Non ci raggiungevamo mai. Una pioggia di malinconia feroce. E tutto restava rosso. Senza che quella nebbia si diradasse. Ero io che non c'ero più. E neanche tu.  Solo sabbia rossa, avida e muta, esattamente dove prima era stata quella nube. Quel fuoco e quel gelo. Quell'ardore e quella scintilla, di un viola terribile ed accetante. Contro un muro che adesso ha la tua voce, quella di quando sei dolce e chiudi gli occhi. E mille satelliti fagocitano la realtà. Blu ed inaspettati, come quel bordo di speranza che ti circonda lo sguardo e mi affondava dentro di sè. Quasi mi acquietava. Anche se il rosso tornava sempre.E ancora torna.  All'improvviso, senza preavviso, e devasta. Ti fa desiderare solo di fuggire e di essere diversa. Oltre tutte le promesse tradite, oltre tutti i sogni infranti, oltre l'inutilità del dolore e del male. Lontano da quella polvere. Ancora a contarti addosso. Ed ad intrappolarti tra i miei brividi. Nella rete del mio ragno.  

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daunfiore più di un mese fa

Io non gioco.

Mi limito a sognare.

E forse i sogni sono solo un tenero gioco dell'anima.

Macchiati da perversa innocenza.

E poi non so tornare indietro, anche se mi volto.

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daunfiore più di un mese fa

Rivendico. Oggi, rivendico. Rivendico la femmina nascosta nei miei polsi, sotto sette bracciali. Quattro fili di erba. Ed una corda. Bianca come la neve. Stringe. Ma urlo e poi mi piego in un sussurro e dopo in un sibilo. Strano serpente con le ali. Ha perso il sangue. Sputa nuvole e si ripete in rivoli e polvere. Per scomporre le sillabe e per sentire la testa piena e piena di vuoto. Comete come biglie, senza direzione. Coesistono la voglia di picchiare forte e di abbracciare. Pelle chiama pelle. E' semplice. E ci si scivola addosso, fino ad inciamparsi dentro. Per riaffiorare subito. Pelle chiede pelle. Altra pelle. Rivendico la più sfacciata leggerezza. Farfalle sulle dita. Come le stelle che rivendicano la loro luce saggia. Pulsa nell'universo, prima di coricarsi sul cuscino e di macchiare di rimmel le lenzuola. E di macchiarne la purezza e l'innocenza, tutta quella che vi palpita dentro. Galleggiano stelle nel mio cielo segreto. Io rivendico la mia fetta di oscurità perversa ed avida. Il mio buio saccente e senza regole. Si strotola come un prato. Lo strappo e lo ricucio e mi distruggo. Fino ad incollarmi lucciole sulla carne. Ieri ero lacrime e adesso puro nettare. Erano fiumi segreti, in cui la dolcezza prendeva la forma della malinconia e della delusione. Del pentimento e della pretesa. Adesso posso essere veleno, pericolosa come una lama affamata. Disegno sul vetro con la mia bocca rossa, sporca di melograno e di menzogne. Sono una bambola di pezza con un cuore di carne infilzato e labbra vermiglio disegnato. Ed in quel cuore c'è tutto, mani, sguardi, morsi e fianchi. Come se fosse una casa. Il cuore è una casa da riempire. Ed ora dentro c'è una folla che urla. Se pensassi a Dio adesso, penserei ad una frusta e a tanto vento.
Ognuno ha i suoi oggetti sacri e li usa per farsi altare.
O per pregare il suo dio.
Io ho tre granelli di sabbia ed una pagina bianca e ruvida.
Come una tela.
Molte parole e nessuna storia.
Io non so più pregare.
Io non sono fragile.
No, io non esisto.
Destino è una parola come tante.

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daunfiore più di un mese fa

E poi l'odore della terra . Tra la nebbia e l'indefinito lo sguardo smangia i bordi ed i confini. E l'odore della vita come un promemoria per i giorni a venire. Prima di ogni distacco e di precipitare nel vuoto e nella assenza. Sai che mi piace respirare?

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daunfiore più di un mese fa

E il pudore si schiude all'ignoto. Luna che trema e serena si perde ed è bellissimo.

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