Il revenge porn è un reato previsto
dall’art 612 ter cp e consiste nella diffusione nella rete di
immagini sessualmente esplicite, senza il consenso della persona
raffigurata. La Cassazione ha recentemente avuto modo di
precisare che per configurare il reato in questione, la
divulgazione può riguardare non solo immagini o video che
ritraggono atti sessuali ovvero organi genitali, ma anche altre
parti erogene del corpo umano in condizioni e contesti tali da
evocarne la sessualità (Cass. n.
14927/2023).
Definizione, manifestazioni e differenze rispetto ad
altri fenomeni
La revenge pornography è una forma di violenza
digitale che consiste nella diffusione, senza
consenso, di immagini o video intimi di una persona. Solitamente,
il materiale è condiviso da ex partner con l’intento di umiliare
o vendicarsi, ma può essere attuata anche da sconosciuti tramite
hackeraggio o furto di dispositivi. Le principali manifestazioni
includono la pubblicazione di foto, video o messaggi privati su
social network, siti pornografici o tramite app di messaggistica.
Anche la minaccia di diffondere questo materiale
costituisce una forma di violenza psicologica nota come
“sextortion”.
È importante distinguere la revenge pornography da altri fenomeni
digitali:
-
Sexting: scambio consensuale di contenuti
intimi tra due persone.
-
Pornografia non consensuale: diffusione di
materiale sessuale senza il permesso dei soggetti coinvolti,
indipendentemente dalla relazione tra le parti.
-
Cyberbullismo e shaming online: possono
accompagnare la revenge pornography, aggravandone l’impatto
psicologico.
Nel revenge porn, l’elemento chiave è l’intento di danneggiare la
vittima attraverso la violazione della sua privacy.
Origine, diffusione e impatto sociale
L’origine della revenge pornography risale
all’avvento di internet e dei primi social
network, che hanno reso possibile la rapida diffusione di
immagini e video a livello globale. Inizialmente, la condivisione
di materiale intimo avveniva tramite forum e chat room, ma con
l’evoluzione delle tecnologie digitali il fenomeno si è
amplificato. A livello internazionale, la revenge pornography ha
assunto proporzioni preoccupanti, spingendo molti Paesi ad
adottare leggi specifiche per contrastarla. Negli Stati Uniti,
diversi Stati hanno istituito reati ad hoc; in Europa, il tema è
stato affrontato attraverso direttive sulla protezione dei dati
personali e sulla privacy. In Italia, la legge n. 69
del 2019, nota come “Codice Rosso”, ha introdotto
l’articolo 612-ter del Codice Penale, che punisce la diffusione
illecita di immagini o video sessualmente espliciti. L’impatto
sociale e culturale è profondo: mina la fiducia nelle relazioni e
nei mezzi di comunicazione digitali. Le vittime possono
subire gravi conseguenze psicologiche, tra
cui ansia, depressione e
isolamento sociale e stigma.
Dal punto di vista clinico, sono stati evidenziati sintomi di
disturbo da stress post-traumatico (PTSD), crisi di panico,
disturbi del sonno e, in alcuni casi, pensieri suicidari. Le
vittime spesso sono persone che hanno condiviso materiale intimo
in un contesto di fiducia, come una relazione
sentimentale. La violazione di questa
fiducia, unita alla diffusione non consensuale
dei contenuti, può avere conseguenze devastanti. I fattori di
vulnerabilità includono età, genere e natura delle relazioni.
Aspetti legali in Italia
In Italia, la revenge pornography è regolamentata dall’art.
612-ter del Codice Penale, introdotto con la Legge n. 69/2019
(c.d. Codice Rosso).
La norma punisce chiunque, dopo aver
realizzato o sottratto immagini o video a contenuto sessualmente
esplicito, li diffonde senza il consenso delle
persone rappresentate. La pena prevista è
la reclusione da uno a sei anni e
la multa da 5.000 a 15.000 euro. La stessa
pena si applica a chi riceve e rilancia i contenuti, anche se non
è l’autore della prima diffusione. Sono
previste aggravanti se i fatti sono
commessi dal partner, da un ex o da un familiare, o se la vittima
è in condizioni di inferiorità fisica o
psichica. Dal punto di vista civile, la vittima può
chiedere il risarcimento del danno subito, sia patrimoniale che
non patrimoniale (danno morale, danno all’immagine, danno
esistenziale).
La legge italiana sulla revenge pornography è molto chiara e
dettagliata. L’art. 612-ter del Codice Penale stabilisce che è
reato diffondere immagini o video a contenuto sessualmente
esplicito senza il consenso delle persone rappresentate. La norma
non si limita a punire chi ha realizzato o sottratto i contenuti,
ma colpisce anche chi li riceve e li
rilancia, anche tramite chat o social network. Le responsabilità
sono quindi molto ampie: non solo l’autore della prima
diffusione, ma anche chi contribuisce a rilanciare i contenuti
può essere perseguito penalmente. Anche
le piattaforme che ospitano i
contenuti hanno delle responsabilità: se vengono informate della
presenza di materiale illecito e non provvedono tempestivamente
alla rimozione, possono essere chiamate a rispondere in sede
civile per il danno arrecato alla vittima.
Le sanzioni previste dalla legge sono:
- Reclusione da uno a sei anni
- Multa da 5.000 a 15.000 euro
- Aggravanti se i fatti sono commessi dal partner, da un ex o
da un familiare, o se la vittima è in condizioni di
inferiorità fisica o psichica
- Risarcimento del danno subito dalla vittima, sia patrimoniale
che non patrimoniale (danno morale, danno all’immagine, danno
esistenziale)
La legge italiana offre quindi un quadro
di tutela piuttosto ampio, che mira a
colpire sia chi diffonde i contenuti sia chi contribuisce a
rilanciarli, anche tramite chat o social network.
Rimozione dei contenuti e tutela della privacy
online
La rimozione dei contenuti di revenge pornography online è
un processo complesso che coinvolge diversi attori.
Le piattaforme social e i motori di
ricerca hanno un ruolo fondamentale: devono intervenire
rapidamente per eliminare i materiali illeciti una volta che ne
vengono a conoscenza. Molti siti hanno implementato strumenti
specifici per segnalare in modo
diretto i casi di revenge pornography, anche in
forma anonima. In Italia, la legge prevede
che le piattaforme debbano agire con tempestività per evitare di
incorrere in responsabilità civili.
Per tutelare la privacy delle vittime,
esistono strumenti come il diritto all’oblio, che permette di
chiedere la deindicizzazione dei contenuti dai motori di ricerca,
e il ricorso all’Autorità Garante per la Protezione dei Dati
Personali. In alcuni casi, è possibile rivolgersi direttamente
alla Polizia Postale o a servizi di supporto legale
specializzati.
La prevenzione della revenge pornography è
una sfida che coinvolge sia la società
che i singoli individui. È fondamentale promuovere una cultura
digitale basata sul rispetto,
sulla consapevolezza e
sulla responsabilità.
È importante ricordare che la colpa non è mai della
vittima: la revenge pornography è un
reato e come tale va trattato.