“Quando non sarai più parte di me, ritaglierò dal tuo ricordo tante piccole stelle, allora il cielo sarà così bello che tutto il mondo si innamorerà della notte.” William Shakespeare
Mi sono ritrovato da solo,
io e la notte.
Ho raccontato alla notte di me.
Lei non ha risposto.
Mi sono ritrovato da solo,
io e le stelle.
Ho raccontato alle stelle di me.
Loro non hanno risposto.
Mi sono ritrovato da solo,
io e la vita.
Ho raccontato alla vita di me.
Lei ha sorriso e mi ha riposto.
Vivo nelle pieghe della sconfitta, perché nella sconfitta guardo in faccia il vero coraggio, la vera resistenza.
Così vivo anche nella menzogna, perché nella menzogna posso guadare in faccia la verità, quella che si nasconde e si protegge, quella che porta veleggiando il definire se stessi, all’essere se stessi.
Il sorriso e la verità non si devono negare, neanche a se stessi.
Mi sono ritrovato da solo,
io e il mare.
Ho raccontato al mare di me.
Lui non ha risposto.
Mi sono ritrovato da solo,
io e il sole.
Ho raccontato al sole di me.
Lui non ha risposto.
Mi sono ritrovato da solo,
io e la vita.
Ho raccontato alla vita di me.
Lei ha sorriso e mi ha riposto.
In questo lungo periodo ho raccontato tanto e tante parole ho usato per definirmi. Alcune più di altre sono legami indissolubili con la mia natura, con il modo che hanno i miei occhi di percepirmi.
Mi sono sentito come: Frankestien.
Mi sono definito un: Alieno.
Oggi aggiungo quest’altro epiteto: Guerriero sconfitto.
Se potessi vivere di nuovo la mia vita.
Nella prossima cercherei di commettere più errori.
Non cercherei di essere
così perfetto, mi rilasserei di più.
Sarei più sciocco di quanto non lo sia già stato,
di fatto prenderei ben poche cose sul serio.
Sarei meno igienico.
Correrei più rischi,
farei più viaggi,
contemplerei più tramonti,
salirei più montagne,
nuoterei in più fiumi.
Andrei in più luoghi dove mai sono stato,
mangerei più gelati e meno fave,
avrei più problemi reali e meno immaginari.
Io fui uno di quelli che vissero ogni minuto
della loro vita sensati e con profitto;
certo mi sono preso qualche momento di allegria.
ma se potessi tornare indietro, cercherei
di avere soltanto momenti buoni.
Che, se non lo sapete, di questo
è fatta la vita,
di momenti: non perdere l’adesso.
Io ero uno di quelli che mai
andavano da nessuna parte senza un termometro,
una borsa dell’acqua calda, un ombrello e un paracadute;
se potessi tornare a vivere, vivrei più leggero.
Se potessi tornare a vivere
comincerei ad andare scalzo all’inizio
della primavera
e resterei scalzo sino alla fine dell’autunno.
Farei più giri in calesse,
guarderei più albe
e giocherei con più bambini,
se mi trovassi di nuovo la vita davanti.
Ma vedete, ho 85 anni e so che sto morendo.
Don Herold
Oh me, oh vita!
Domande come queste mi perseguitano,
infiniti cortei d’infedeli,
città gremite di stolti,
che vi è di nuovo in tutto questo,
oh me, oh vita!
Risposta:
Che tu sei qui,
che la vita esiste e l’identità,
Che il potente spettacolo continui,
e che tu puoi contribuire con un verso.
Immobile fui un albero nel bosco, conobbi la verità di cose mai viste prima; Di Dafne e della fronda d'alloro e di quei vecchi sposi che festeggiarono gli dei e divennero un rovere in mezzo alla brughiera. Essi poterono compiere un tale miracolo solo dopo che gli dei furono gentilmente pregati e accolti al focolare della loro amata casa. Sono stato comunque un albero nel bosco e ho appreso cose nuove che prima parevano follia alla mia mente. Ezra Pound
“Fate come l’albero, che cambia le foglie e conserva le radici. Cambiate le vostre idee e conservate i princìpi.” Victor Hugo
La deformità di un albero, non è la sua debolezza, ma la sua forza.
Tanto più contorto è il suo tronco, tanto più è resiliente la sua anima.
Una lezione che dovremmo imparare, alla luce degli eventi che ci accadono,
che accadono a tutti.
Anche il nostro corpo si deforma, così come la nostra anima,
sotto il peso della nostra incuria.
Noi non resistiamo ai colpi della vita, noi ci facciamo modellare e spasmare da essi.
E con la scusa d’esser vittima della cattiva e crudele società,
Per me significa: Disegnare ombre e luci su un foglio di carta, dipingere una tela sentendo il colore attaccarsi alle dita, modellare la creta e scorgere un volto tra le sue pieghe, scrivere una poesia da dedicare a lei, creare con le mie mani un oggetto utile per la sua bellezza o il suo uso, che possa finire sul tavolo di uno sconosciuto cliente, nutrire e accudire Frida, cucinare per la mia compagna, guidare la domenica al sorgere del sole per fare la spesa, vedere le mani di un essere umano creare dal nulla ciò che prima era solo pensiero. Ecco!!! Tutto questo, per me, significa vivere.
L'enigmatica anima della donna - ritratto
È così diseguale la mia vita
da quello che vorrei sapere.
Eppure al di là di ogni immondizia
e sutura, c’è la grande speranza
che il tempo redima i folli
e l’amore spazzi via ogni cosa
e lasci inaspettatamente viva
una rima baciata. Alda Merini
Ormai me reggo su 'na cianca sola.
- diceva un Grillo - Quella che me manca
m'arimase attaccata a la cappiola.
Quanno m'accorsi d'esse priggioniero
col laccio ar piede, in mano a un regazzino,
nun c'ebbi che un pensiero:
de rivolà in giardino.
Er dolore fu granne... ma la stilla
de sangue che sortì da la ferita
brillò ner sole come una favilla.
E forse un giorno Iddio benedirà
ogni goccia de sangue ch'è servita
pe' scrive la parola Libbertà!
Una madre portò il figlio dal mahatma Gandhi e gli disse: - "Per favore, mahatma, di' a mio figlio di smettere di mangiare zucchero". Gandhi rimase in silenzio, poi disse: - "Riportami tuo figlio fra due settimane". Perplessa, la donna lo ringraziò e disse che avrebbe fatto così. Due settimane dopo, Gandhi guardò il bambino negli occhi e gli disse: - "Smetti di mangiare zucchero!". Grata, ma sempre più stupita, la donna gli chiese: - "Perché mi hai detto di ritornare dopo due settimane? Avresti potuto dirglielo subito". Gandhi rispose: - "Due settimane fa, anch'io mangiavo zucchero". Morale: incarna ciò che insegni, e insegna solo ciò che hai fatto tuo
Il mio mare.
Poiché l’alba si accende, ed ecco l’aurora,
poiché, dopo avermi a lungo fuggito, la speranza consente
a ritornare a me che la chiamo e l’imploro,
poiché questa felicità consente ad esser mia,
facciamola finita coi pensieri funesti,
basta con i cattivi sogni, ah! Soprattutto
basta con l’ironia e le labbra strette
e parole in cui uno spirito senz’anima trionfava.
E basta con quei pugni serrati e la collera
per i malvagi e gli sciocchi che s’incontrano;
basta con l’abominevole rancore! Basta
con l’oblìo ricercato in esecrate bevande!
Perché io voglio, ora che un Essere di luce
nella mia notte fonda ha portato il chiarore
di un amore immortale che è anche il primo
per la grazia, il sorriso e la bontà,
io voglio, da voi guidato, begli occhi dalle dolci fiamme,
da voi condotto, o mano nella quale tremerà la mia,
camminare diritto, sia per sentieri di muschio
sia che ciottoli e pietre ingombrino il cammino;
sì, voglio incedere dritto e calmo nella Vita
verso la meta a cui mi spingerà il destino,
senza violenza, né rimorsi, né invidia:
sarà questo il felice dovere in gaie lotte.
E poiché, per cullare le lentezze della via,
canterò arie ingenue, io mi dico
che lei certo mi ascolterà senza fastidio;
e non chiedo, davvero, altro Paradiso.”
Paul Verlaine
È un’esigenza irrevocabile, inserire un pensiero felice, tra un post cupo e l’altro, inserire un respiro di vita tra un denuncia e l'altra, una violenza e l’altra.
Giusto ieri ho scritto nel mio blog: “[…] Dopo Palermo, Caivano. […] Poi c’è un cucciolo di riccio, preso a calci, trasformato in un pallone da un gruppo (branco) di bambini. […]”
Un groviglio di pensieri sul dolore e la violenza e oggi a non meno di un giorno:
18enni uccidono a calci una capretta ad Anagni e postano il video su Instagram.
Ho visto parte del video, un animale rabbioso sarebbe stato meno crudele.
e poi:
Cane accoltellato da ragazzini a Crispiano vicino Taranto: aggredito a calci e pugni, voleva solo giocare.
Sono solo animali alla fine!!! La capretta, poi, la mangiamo. Buone le costellata!!! Perché mai mostrare umanità e affinità?
Un gioco, ecco cosa è diventata la vita delle creature che ci circondano, siano essi piccoli insetti o intelligenti e amorevoli cagnolini.
La scuola e la famiglia hanno fallito.
Io non sono un genitore il destino ha voluto così. Se è questo, però, il mondo che mio figlio avrebbe vissuto.
BENEDICO il cielo per non aver permesso che subisse questa società, questo orrore.
E dire che l’orrore l’abbiamo conosciuto, dopo la seconda guerra mondiale, si doveva insegnare che la violenza non era e non è un’opzione. E invece oggi è un linguaggio ad uso e consumo di tutti.