Il ricordo è spesso il piedistallo su cui collochiamo il nostro carnefice.

C'ero una volta

C'ero, una volta. 

Ero quello da cui si poteva fare il pieno di empatia e attenzioni e poi dimenticarsene fino alla prossima volta in cui sarebbe tornato utile, perché l'empatia fa parte del carattere, e quella mica si perde, no?

Ero quello da usare di tanto in tanto per esercitare il proprio fascino e vedere se faceva ancora presa e - nel caso lo facesse - ritirarsene con meravigliata leggerezza perché tu sei tanto caro, ma... e le avversative non perdonano.

Ero quello che cercava sempre di trovare la parola giusta per l'occasione giusta, che le parole non vanno usate male, sono gli abiti che rivestono il nostro sentire e devono cadere a pennello.

Ero quello che odiava i silenzi, perché è nel buio del silenzio che si nascondono i mostri

Ero quello che il momento più bello era quando aprivi la posta e iniziavi a scrivere una lettera, scandagliando nel cuore tra sorrisi, malinconie e desiderio.

C'ero, una volta.

Adesso non ci sono più. Non mi trovo; e quel che è peggio, ho smesso di cercarmi.